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Il cervo, il duca e il missionario (Elaphurus davidianus)

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Questa e' la storia delle alterne fortune di alcuni membri di una grande e importante famiglia e del loro viaggio verso la Terra Promessa. I comprimari della vicenda sono:

Guangxu, Imperatore cinese

Herbrand Russel, duca di Bedford

Padre Armand David, missionario francese

Robert Swinhoe, zoologo e console britannico in Cina

Henri Milne-Edwards, direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi

John Reeves, ispettore della Compagnia delle Indie

Boxer (quelli della rivolta, non le mutande), truppe anglo-francesi, contadini cinesi.

La nobile famiglia e' naturalmente quella dei Cervidae e la storia qui raccontata e' quella del cervo di Padre David o milu, (Elaphurus davidianus). Ok, si parla di Bambi ma non scappate, le bestie non sono orrifiche ma e' una bella storia lo stesso, di quelle da raccontare.

Da dove cominciare? Proviamo cosi'.

I - Padre David

La storia delle scienze naturali non pullula esattamente di reverendi. Immagino sia essenzialmente dovuto a quel piccolo dettaglio chiamato evoluzione, che risulta indigesto a molti prelati. In alcuni casi pero' prendere l'abito talare era l'unica possibilita' per farsi un'istruzione e magari viaggiare e vedere il mondo. Jean-Pierre Armand David nacque in un villaggio del lato francese delle Province Basche, con la passione per gli animali e per i viaggi. Pur essendo figlio del sindaco nonche' medico del villaggio, non era abbastanza ricco da andare a studiare in un'universita' prestigiosa. armand_davidA 20 anni entra quindi in seminario e a 22 entra in noviziato a Parigi nella Societa' dei Preti della Missione, o Lazzaristi, una congregazione di missionari non dissimile dai gesuiti, con una regola severissima per i novizi, in modo da indottrinarli a dovere prima di mandarli sul campo a rompere le balle al prossimo, meglio se infedele. Quando pero' due anni dopo prende i voti, i suoi sogni di visitare paesi esotici vengono infranti, in quanto viene mandato a Savona al collegio Lazzarista a insegnare Scienze Naturali. A Savona pero' mette su la prima collezione museale e impara la tassidermia, ovvero a preservare le pelli degli animali, quindi e' per lui un'esperienza importante. La svolta arriva nel 1862, quando un inglese (ahehm) diventa direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi, la cattedra che era stata di Lamarck, Cuvier e Saint-Hilaire. Il nuovo direttore, Henri Milne-Edwards, decide di chiedere l'aiuto dei missionari per ampliare le collezioni esotiche del museo e nessuno piu' di padre David e' adatto al ruolo di evangelizzatore-naturalista. Il prete basco e' quindi richiamato a Parigi e finalmente inviato in Cina, dove passera' circa 12 anni esplorando le contrade piu' remote del Celeste Impero. La sua scoperta piu' importante tra le centinaia di nuove specie da lui individuate e' sicuramente il panda maggiore, quello del WWF, di cui inviera' delle pelli a Parigi.

II - Il cervo di Padre David

Mentre e' ancora a Pechino ad imparare il cinese, nel 1864 padre David si incuriosisce del parco di caccia dell'imperatore. Il parco, chiamato Nan-hai-tzse, "marcite meridionali", si trovava lungo la sponda sud del fiume Yong-Ting, a una ventina di km dalla Citta' Proibita ed era circondato da un muro lungo una sessantina di km abbondanti. Nessuno puo' obiettare che i cinesi non sapppiano costruire muraglie. Il parco era custodito da guardie tatare e nessuno poteva entrarvi, in particolare gli europei. Padre David pero' non si perde d'animo per il divieto e riesce, con grande rischio personale, ad issarsi sulla cima del muro e, lo and behold, questo e' piu' o meno quello che vede:

pere_david

Un grande branco di animali sconosciuti e strani, con la stria dorsale scura, la coda lunga da cavallo anche se non erano cavalli, il corpo tozzo da asino anche se non erano asini, le zampe larghe da mucca anche se non erano mucche e le corna ramificate da cervo rosso anche se non erano cervi europei. In cinese infatti uno dei nomi di questo animale e' sibuxiang, che significa piu' o meno "come nessuno dei quattro". Si trattava, per la precisione, di un cervo. Erano tempi difficili in Cina, l'imperatore era debole e dissoluto, la vedova reggente che deteneva il potere effettivo, Cixi, era piu' preoccupata degli intrighi di corte che delle esigenze del paese, gli inglesi vendevano oppio a tutti, l'esercito era male armato e insomma, il paese era corrotto. Padre David si precipita allora a scrivere a Milne-Edwards a Parigi per avere fondi per una copiosa bustarella da passare alle guardie tatare e riusce a procurarsi le pelli di una femmina, un giovane e un maschio con il palco di corna, che spedisce prontamente a Parigi. Si trattava di una specie di cervo nuova alla scienza e davvero insolita. Questo grande animale, alto un paio di metri, ha abitudini semiacquatiche e passa molto tempo immerso sino al garrese brucando piante acquatiche. E' anche un buon nuotatore, fatto inaspettato per un cervo a forma di cervo. Le zampe larghe da mucca gli servono per non sprofondare nel fango. pere-davids_deerIl particolare piu' insolito sono pero' le corna. Oltre ad un ramo anteriore verticale e ramificato, piu' o meno simile a quello di un cervo europeo, il cervo di padre David ha un ramo posteriore che si estende quasi parallelo al dorso, liscio o ramificato solo in punta. Non trovo spiegazioni in letteratura sul significato evolutivo di queste corna doppie. La mia personale spiegazione e' che il principale predatore di questo cervo acquatico dovevano essere tigri, e il ramo posteriore servisse per bloccare l'accesso al dorso del collo e impedire il morso letale. Questo pero' lascerebbe vulnerabili le femmine e i bambi, privi di palchi. In alternativa, il ramo posteriore potrebbe servire a raccogliere piu' vegetazione e far sembrare la testa piu' grande durante le lotte rituali tra maschi, ma questa ipotesi mi sembra ancora piu' debole della precedente. Preferisco il sistema anti-tigre.

III - Alla conquista del Bedfordshire

E' arrivato il momento di cambiare la scenografia e di sostituire lo sfondo di risaie e cappelli conici con quello della verde campagna inglese. La bustarella del Lazzarista doveva essere degna di Craxi, perche' il padre riusci' a trovare il modo di fare arrivare in Europa alcuni esemplari di milu: quattro esemplari vennero portati alla missione di padre David ma due moririono per via della dieta sbagliata. Il console Britannico Robert Swinhoe  era pero' in quel periodo a Pechino, ed essendo bravo tanto come zoologo che come diplomatico, cambio' la dieta ai due cervi superstiti e riusci' con successo a farli arrivare allo zoo di Londra, dove si riprodussero: i successori di questa coppia vennero ridistribuiti tra vari zoo in Francia, Gran bretagna e Germania. Ogni zoo aveva pochi esemplari, il che avrebbe reso difficile la riproduzione, dato che i cervi hanno tutti i loro rituali di lek e incornate varie per accoppiarsi. Il deus ex machina che risolse la situazione fu un nobile inglese dai gusti eccentrici: anziche' collezionare francobolli, o farfalle, o sottobicchieri del pub, Herbrand Russel, XI duca di Bedford, collezionava grossi ungulati asiatici, vivi. L'album delle figurine erano i 9000 acri del suo parco nell'avita magione di famiglia, a Woburn Abbey, Bedfordshire, immortalata qui sotto.

woburn

Herbrand Bedford era un uomo molto influente tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, era presidente della Zoological Society London, sedeva nella camera dei Lord ed era molto, molto ricco. In gioventu' era stato a combattere in Egitto e in India come aiutante di campo del Vicere'. In questi luoghi  probabilmente ebbe l'opportunita' di osservare per la prima volta alcuni ungulati esotici ed evidentemente qualche molla scatto' nella sua testa. I 18 cervi di padre David presenti all'epoca in Europa furono tutti acquistati o ricevuti in dono dal duca e il branco di Woburn si rivelo' subito riproduttivo, ben 11 dei 18 animali contribuirono a fondare il pool genico del branco, e giusto in tempo: i circa 200 cervi della riserva di caccia dell'Imperatore cinese morirono tutti, e la specie si estinse i Cina, dato che piu' o meno contemporaneamente si estinse anche nel suo areale originario nella zona di marcite tra il fiume giallo e quello azzurro. Nel 1895 infatti una piena del fiume Yong-Ting distrusse il muro della riserva imperiale e i cervi finirono immediatamente nelle pentole dei contadini affamati dalle guerre e da un'annata misera. I circa 30 cervi rimasti finirono invece nelle pentole delle truppe occidentali che occuparono Pechino in conseguenza della rivolta dei Boxer. Il Duca di Bedford invece mangiava roast-beef e petto d'oca e si preoccupava del benessere dei cervi cinesi, e in questo modo i milu si salvarono da una certa estinzione.

IV - I cervi di Woburn

Che i cervi si siano salvati dall'estinzione e' in realta' un fatto puramente casuale. Il duca aveva una formazione militare piuttosto che scientifica e le sue conoscenze di ecologia erano piu' interessanti che precise. La collezione dei cervi rappresentava uno status symbol, un serraglio vittoriano, piuttosto che un modo per salvare specie rare dall'estinzione, ma bisogna dare credito al duca di saperci davvero fare nell'allevamento di specie di cui non conosceva nulla. Oltre ai cervi di padre David l'altro grande contributo di Bedford alla conservazione delle specie fu di organizzare una costosissima spedizione per portare a Woburn alcuni degli ultimi cavalli di Przewalski dalla Mongolia, przewalskicontribuendo ancora una volta a salvare una specie dall'estinzione. Entrambe le specie oggi sono state riportate nei loro territori d'origine, i cavalli di Przewalski vanno a gonfie vele in Mongolia e sono in ripresa in natura, i cervi di padre David sono in ripresa, ma non li si puo' rilasciare perche' in Cina vengono sterminati per i loro palchi, ritenuti un afrodisiaco dalla medicina tradizionale cinese (e poi sono buoni da mangiare). Ma di questo il duca di Bedford non ha colpa. Tra le altre specie importate da Sua Eccellenza a scopo "ornamentale" c'e' il cervo d'acqua o idropote (Hydropotes inermis), cinese, il sika (Cervus nippon mantchuricus), cinese, il muntjac di Reeves (Muntiacus reevesi), cinese, il muntjac comune (Muntiacus muntjak), indiano, il Barasingha o cervo di palude (Rucervus duvaucelii), indiano, il Chital (Axis axis), indiano, il rusa (Rusa timorensis), indonesiano. Cio' ovviamente non e' un male in se', si tratta di uno zoo privato come ce ne sono tanti e gli animali stanno bene, li ho visti coi miei occhi qualche giorno fa. Il problema risiede nel fatto che ben tre di queste specie sono scappate, o sono state liberate di proposito (ipotesi piu' ragionevole, visto che sia la tenuta di Woburn che l'attiguo zoo di Whipsnade di proprieta' della ZSL ma fortemente voluto da Bedford, sono circondati da muri alti e virtualmente invalicabili).

V - Gli evasi

Il cervo d'acqua cinese, il sika e il muntjac hanno oggi costituito, a partire dai nuclei di Woburn, popolazioni ferali in Gran Bretagna. Il cervo d'acqua cinese o idropote ha una storia molto simile a quella del cervo di padre David, anche se il grado di parentela tra i due cervi e' molto remoto. L'idropote infatti e' un piccolissimo cervo primitivo, del tutto privo di palchi. I combattimenti tra maschi avvengono sciabolando con i due lunghissimi canini sporgenti che gli danno un'aria da vampirello o, volendo, da cervo dai denti a sciabola. chinesewaterdeer

Come il milu anche l'idropote e' acquatico, nuota bene e vive nascosto tra le canne mangiando erba e vegetazione acquatica. Il suo areale originario include la Korea e il nord-est della Cina, in particolare il bacino orientale dello Yangtze. Pur essendo stato piu' fortunato del milu in quanto non si e' ancora estinto in Cina, non si puo' dire che i cinesi non ci stiano lavorando: il suo areale si e' ristretto del 30% negli ultimi 18 anni, secondo dati della IUCN. Prbabilmente si e' salvato dalla catastrofe in quanto solitario, furtivo, piccolo e senza i palchi ambiti dalla medicina cinese. Io questo volere le corna altrui se sei impotente non lo capisco molto bene, ma forse perche' non sono un uomo. In ogni caso. l'idropote fu scoperto e classificato da Robert Swinhoe, il console zoologo, e il cargo che portava i due cervi di padre David superstiti allo zoo di Londra portava anche alcuni cervi d'acqua. Tutti insieme arrivarono allo zoo di Londra nel 1870 e tutti insieme furono requisiti da Herbrand Russel nel 1896 e portati a Woburn, l'anno stesso in cui Sua Eccellenza  divento' presidente della ZSL. E' bello essere duca. Nel 1930 alcuni cervi d'acqua furono portati a Whipsnade e tra fughe e rilasci volontari ora i cervi d'acqua cinesi hanno invaso il Bedfordshire, il Cambridgeshire, l'East Anglia e le zone circostanti. Non vedo l'ora che i vampirelli arrivino nel canale dietro casa, qui a Londra, ma pare che la loro espansione sia limitata dalla presenza di canne, e qui nei sobborghi di canne se ne vedono solo di altro tipo.

Il Muntjac e' un animale molto meno delicato dell'idropote ma come questi e' un cervo primitivo di piccola taglia dotato di canini da vampirello. A differenza del cervo d'aqua pero' ha due piccole corna da capretta (ma sono palchi, quindi di osso e non di cheratina e vengono persi fuori dalla stagione riproduttiva), e da lontano e' facile scambiarlo per un cane cornuto, dati il colore, la taglia e le proporzioni generali del corpo, piuttosto tozze. Abbaia, anche. muntjakman

Fotosource

E' originario del sud est della Cina e di Taiwan, ma questa volta l'animale era gia' noto da un po' agli europei, essendo stato classificato nel 1839, sempre allo zoo di Londra. La dedica del nome della specie  ad un funzionario della compagnia delle Indie (Reeves), ne fa intuire la provenienza, si vede che sui brigantini imbarcavano te' e cervi. In ogni caso, il nostro Bedford non si faceva mancare nulla e introdusse a Woburn direttamente dall'oriente sia il muntjac di Reeves (dalla Cina) che un'altra specie di Muntjac piu' grande (Muntiacus muntjak), dall'India. Entrambe le specie, da Woburn o da Whipsnade, scapparono o furono liberate ma mentre il muntjac indiano si e' estinto in Gran Bretagna nel 1925 (non c'e' piu' neanche a Woburn Abbey), quello cinese si e' espanso enormemente e ora e' comune in tutta l'Inghilterra centro-meridionale e in Galles, sporadico nel nord e in Scozia e nel 2008 qualche testa bacata ha pensato bene di portarlo in Irlanda. Data l'abbondanza anglica, la IUCN ha dichiarato la specie "least concern" anche se poco o nulla si sa della distribuzione in Cina, mentre a Taiwan si sa che e' in calo. Speriamo che non diventi un'altra specie salvata dal duca di Bedford.

sikaIl sika e' un cervo molto diffuso in Asia orientale e presenta numerose sottospecie. In tutto il XIX secolo gli inglesi si sono divertiti moltissimo a importare direttamente o traslocare questi cervi che rimangono a pallini bianchi tutta la vita e si possono ibridare coi nostri cervi rossi. Il risultato e' che c'e' una macedonia di sottospecie di diversa origine. Quelli di Woburn sono quelli manciuriani (Cervus nippon mantchuricus), probabilmente ora estinti in Cina, e guarda un po' intorno a Woburn ci sono dei sika manciuriani ferali. Questa volta pero' si tratta di peccato veniale, in quanto il grosso dei sika britannici deriva dall'importazione dal Giappone fatta da un altro nobile, il Visconte  Powerscourt, in Irlanda.

Sarei tentata di scrivere "W la ghigliottina" ma non ne sono poi cosi' sicura, alla luce dei risultati generali raggiunti.


L'ecdisi (Blattella germanica)

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Premessa: per i molti come me che hanno repulsione per gli scarafaggi ho romanzato questa storia, sperando che il vederla sotto un altro punto di vista stimoli la curiosita' piuttosto che le paure ancestrali. Per chi ha fretta, la biologia e' in fondo, raccontata ma rigidamente documentata.

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Gregor Samsa si sveglio' all'imbrunire da un sonno greve, profondo e senza sogni, simile a un deliquo, sentendosi bene dopo tanto tempo. In quella fase tra il risveglio e la presa di possesso dei sensi penso' di essere ancora nel suo letto e di doversi alzare di corsa per prendere il treno delle cinque, fare il giro dei clienti, copiare le commissioni raccolte, rendicontare e relazionare, onde non incorrere nelle ire del principale. Il pensiero lo angoscio' per un momento ma l'istante successivo si avvide di una zampa spinosa sotto di se' e ricordo'. Ricordo' la miseria e l'angoscia dei mesi passati chiuso nella sua stanza, il ribrezzo e l'orrore che generava nella sua famiglia, i sensi di colpa e la paura. Purtuttavia, si sentiva bene, come se quei ricordi appartenessero a un altro, o ad un lontano passato, e ricordo' di come pensava di essere stato finalmente vicino alla morte per inedia. Ricordo' come i suoi sensi si fossero lentamente offuscati nel buio e di essere passato in quel deliquo da cui si era appena destato. Quanto tempo era passato? Nonostante la fitta penombra rischiarata solo dalle luci dei lampioni elettrici della strada, Gregor si guardo' intorno, e si accorse che qualcosa era cambiato. Era in una stanza che non riconosceva, immensa, le volte che si perdevano nel buio, le porte mastodontiche, come se tutto fosse a misura per un gigante. Alzando il capo per guardare in alto, la base delle antenne gli urto' contro qualcosa di duro e si rese conto che il suo corpo piatto era incastrato tra il pavimento e un battiscopa di proporzioni megalitiche, in una fessura che sarebbe risultata invisibile al gigante.

La presa di coscienza del suo corpo gli fece avvedere anche di quanto dolenti fossero i suoi muscoli, come se fossero stati fermi molto a lungo, e di un forte prurito sul dorso. Mentre era li' che meditava  chiedendosi cosa fosse successo e dove fosse la sua famiglia, senti' un rumore davanti a se',  accompagnato da uno strano odore. Spaventato riusci' a tirarsi fuori dalla fessura e fisso' con fascinazione le due antenne che poco dopo emersero vibrando dall'ombra. Alle due antenne segui' un capo con uno scudo che formava il protorace e un addome segmentato. Fece un passo indietro inorridito alla vista dello scarafaggio enorme, poteva avere le sue stesse dimensioni, e capi' il ribrezzo che aveva provato la sua famiglia a guardarlo. All'improvviso la creatura stridulo': "Ehi dude!'" sfregando le fibre toraciche contro il corpo. "Ehi, dico a te", continuo' lo scarafaggio "ti sei inghiottito la faringe? Io mi chiamo Tomáš, Tom per gli amici. C'e' cibo qui?". Gregor rimase allibito a guardare la creatura che gli passava davanti a distanza e proseguiva oltre, inoltrandosi nel buio: aveva una scatola metallica fissata sul dorso, come se fosse parte del suo organismo, con dei fili colorati che ne fuoriuscivano di qua e di la'. Gregor percepiva chiaramente la scia odorosa lasciata da Tomáš, un odore che gli ricordava qualcosa del passato, quasi una madeleine. Un odore che sapeva in altri tempi avrebbe trovato nauseabondo, ma che ora gli sembrava irresistibile, e non seppe resistere all'impulso di seguirlo.

Quando fu a pochi passi da Tomáš questi si volto' e con mossa rapida ed esperta gli tocco' delicatamente le antenne con le proprie. Gregor percepi' l'odore ancora piu' forte, misto a una sensazione di curiosita'. Si fece coraggio e chiese: "ma dove siamo? E cos'e' quest'odore?" "Whassup with you?" rispose l'altro "You are nei laboratori dell'University, facolta' di bioengineering. L'odore e' quello degli idrocarburi volatili dispersi da my cuticle, sai, that stuff con cui noialtri ci scambiamo segnali? Se tu eri a chick ti avrei emesso feromoni, ma francamente sei veramente brutto". "Ma che lingua parli?" "Sharp, are we? Non farci caso, e' questo stupido microchip connesso coi miei gangli nervosi, ci sono interferenze nel wireless e ogni tanto mi scappa fuori un po' di inglese. Sai, e' stato progettato a Cambridge. E tu saresti?" "Gregor Samsa, commesso viaggiatore. Umano. O almeno lo ero. Sai dov'e' la mia famiglia? Mia sorella Grete?" "No way! That's cool stuff! Vuoi dire che eri uno di loro e ti hanno trasformato in uno di noi? Te e tutta la tua famiglia?" "No, io solo, per quel che ne so". Ma chi sarebbero "loro"?" "I can't fucking believe this! You're just my hero! Loro sono gli umani di qui, quelli che mi hanno montato il microchip per controllarmi prima che riuscissi a scappare, ce n'e' un sacco di noi che hanno subito esperimenti, ma that's so fucking cool! Ma ti hanno iniettato un virus, controllo ormonale, genetico, come hanno fatto?" "Mi sono svegliato cosi' un mattino. Grande come prima, invero, ma con questa forma. Non so cosa sia successo, ne' come mai pensavo di esser morto e mi sono risvegliato qui, rimpicciolito"

Nel dire cio' Gregor si passo' il corpo in rassegna, in particolare dove sentiva prudere, e nel far cio' si rese conto per la prima volta delle ali, che apri' e comincio' a battere furiosamente, nel tentativo di spiccare il volo "Sorry dude, sono gli scarafaggi rossi, Periplaneta americana, quelli che volano. I battiscopa sono il regno di noi Blattella germanica". Disse Tom. "Fascinating. Quindi se prima non avevi le ali ti avrebbero trasformato in una ninfa gigante, e quando credevi di esser morto era semplicemente l'ultima ecdisi di passaggio tra ninfa human-roach e adulto decisamente roach. Mmmm, se racconti questa storia to the girls faranno la fila per accoppiarsi con te! E quando l'avrebbero fatto?" "Era l'inverno 1914 l'ultima volta che ho controllato", disse incredulo Gregor "Fuck me with a chainsaw! E' passato quasi un secolo! doveva essere qualche esperimento di arma biologica della prima guerra mondiale. Vieni che ti porto dagli altri, saranno curiosissimi di conoscerti".

Nel dire questo Tom si incammino' a velocita' incredibile verso l'oscurita' e fu solo senguendone la scia odorosa che Gregor riusci', dolorante com'era in tutti i muscoli, a seguirlo pian piano. A lungo andarono nel buio, lungo fratture del cemento e condotte dell'acqua, e Gregor pensava gia' di fermarsi un po' a riposare quando dopo una svolta un odore intensissimo lo colpi' nelle antenne, e vide. Saranno stati qualche centinaio, e agli adulti si aggiungeva un folto gruppo di quelli piu' piccoletti che Tom aveva chiamato "ninfe", dato che non avevano le ali. Al suo emergere nel deposito della mensa tutte le antenne si voltarono verso di lui e Gregor temette disperato di essere di nuovo di fronte alla stessa, giustificata, reazione di repulsione che avevano avuto la sua famiglia, il procuratore e la fantesca, che si era licenziata piangendo. E invece Tomas era li' che sibilava a tutti la sua storia, e nel far cio' chi veniva a toccarlo con l'antenna, chi gli mostrava il cibo, chi gli sussurrava piano che voleva concepire la prossima ooteca con lui.

Il cibo aveva uno strano odore, e gli ricordo' i lunghi giorni di astinenza totale dal cibo nella sua stanza. Vedendolo perplesso, Tom arrivo' in suo aiuto "Ehi, dude, c'e' poco da guardarlo cosi', e' buono, e' una torta intera, tutta per noi! Devi solo secernerci su, guarda, cosi'" E nel dire cio' ricopri' un brandello di torta con una goccia di liquido che gli usciva dalla bocca, e poi ci si strofino' su. "Ma che fai?" chiese Gregor "This' the way we eat. Ricopri il cibo col tuo odore e quando ti sembra abbia quel certo retrogusto lo mangi. E poi nell'andare via lasci dietro un po' di escrementi, come il vostro Pollicino, cosi' ritrovi piu' facilmente il cibo dalla traccia odorosa tua e del tuo gruppo" "Ma e' disgustoso! preferisco morire di inedia una seconda volta" "Tu sei una Blattella solo fuori", lo sfido' Tomas. "Dentro rimarrai per sempre umano, subito pronto a disgustarti e mai a capire come funzionano le cose. Il cibo e' solo questione di odori, e piu' fa schifo agli umani piu' ce n'e' per noi" Piccato della lezione, Gregor fece come gli veniva detto, e mai ricordo' di aver assaggiato nulla di piu' buono di quella briciola di torta ricoperta delle secrezioni delle sue ghiandole buccali.

Quando ebbe mangiato e si fu riposato a sufficienza, Gregor decise di esplorare questo suo nuovo mondo e questa comunita' che lo aveva accolto senza fare domande anche se, come aveva puntualizzato Tom, lui era uno scarafaggio solo esteriormente. Facendo domande qua e la' capi' che il gruppo non era una famiglia quanto piuttosto un campo profughi, creature scappate nelle intercapedini e nelle fogne mentre venivano prelevati per subire esperimenti. Una madre che si trascinava dietro la sua ooteca, sporgente dall'addome per oltre meta' della sua lunghezza, gli racconto' di essere preoccupata per i suoi piccoli perche' era stata irraggiata con una dose di radiazioni letale per un umano, quando era ancora una ninfa al sesto stadio, il penultimo.

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Dopo aver chiesto e ottenuto spiegazioni sulle radiazioni, Gregor le chiese educato, anche se non era sicuro di capire tutto per bene, come mai lei era sopravissuta se era una dose letale. Lin Lin gli spiego' allora pazientemente che e' solo una questione di sensibilita', gli umani sono grossi ma delicati perche' le loro cellule si riproducono continuamente e le radiazioni ionizzanti ne danneggiano sistematicamente il DNA. "In un insetto" prosegu' Lin Lin, "solo prima della muta le cellule si duplicano, che e' il motivo per cui dopo ogni  ecdisi il numero di cellule circa raddoppia. La frequenza delle nostre mute  e' di poco piu' di una volta a settimana e le cellule impiegano 48 ore a replicarsi, per cui le ninfe sono sensibili alle radiazioni solo un quarto del loro tempo, mentre gli adulti mai, il che aiuta ad evitare effetti negativi. Poi, naturalmente, tutto e' una questione di dosaggio e in realta' noi  scarafaggi siamo relativamente sensibili alle radiazioni: 400-1000 rad bastano ad uccidere un umano, mentre 1000 rad, il dosaggio che ho subito io, si limitano a interferire con la nostra fecondita'. 6400 rad uccidono comunque il 93% delle ninfe di Blattella germanica irradiate, indipendentemente dalla muta. Non capisco perche' accanirsi su di noi" si lamento' Lin Lin, "ci sono insetti molto piu' insensibili! Quando hanno irradiato me ho visto che per uccidere un moscerino della frutta ci volevano 64.000 rad, per un tarlo e le sue uova sono occorsi 68.000 rad e per una vespa parassitoide del genere Habrobracon 180.000 rad. In caso di una delle loro stupide guerre saranno le vespe parassitoidi e i moscerini a salvarsi, mica noi! C'era addirittura un batterio che moriva solo dopo un irraggiamento di un milione e mezzo di rad! Si chiama Deinococcus radiodurans ma gli scienziati in laboratorio lo chiamavano Conan in Batterio". Gregor saluto' cortesemente Lin Lin e si allontano' confuso da tutte queste spiegazioni.

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Mentre seguiva vecchie tracce di odore e feci che segnavano il passaggio dei suoi nuovi amici in una intercapedine, vide un gruppo di ninfe che si agitavano intorno a qualcosa. Si avvicino' incuriosito e vide che circondavano non del cibo, come pensava, ma un oggetto vitreo di colore brunastro, con dentro qualcosa che sembrava un insetto morto. Le ninfe si erano allontanate con deferenza ma era rimasto un adulto col carapace piuttosto malmesso ed entrambe le antenne recise che gli chiese chi fosse. Quando Gregor glielo disse si scuso', dicendo che uno scarafaggio senza antenne e' come un umano senza occhi, e a lui le antenne erano state amputate subito dopo l'ultima ecdisi, quindi non poteva piu' rigenerarle. Gregor gli chiese se era ambra quella sostanza vetrosa e Frantz glielo confermo'. Gli disse che quell'oggetto stranamente non aveva nessun valore per le Blattelle ma ne aveva molto per gli umani, anche se dentro c'e' uno scarafaggio. Ciononostante, gli umani avevano perduto quel loro prezioso campione. "No. Non e' nessuno di noi, stupida ninfa" gli disse Franz in risposta a una sua domanda "questo insetto e' morto da almeno 100.000 anni e il nostro lignaggio va indietro di almeno 300.000 anni senza grandi variazioni anatomiche. Siamo antichi, molto antichi, anche se ora restano poco piu' di 4000 specie di cui solo una decina di successo. Un tempo, nel carbonifero,  dominavamo la terra, 70 milioni di anni prima dei dinosauri, e siamo state le prime creature in assoluto ad imparare il volo e padroneggiare l'aria, anche se ora siamo ridotti a vivere nelle fogne. Molte spacie vivono ai tropici, in climi caldi, e per conquistare il freddo noi blattelle e un'altra decina di specie abbiamo usato gli umani insinuandoci nelle loro case e nelle loro valige e ora siamo letteralmente ovunque. Da un nostro ramo collaterale sono discese le termiti, da un altro gli insetti stecco, mentre noi rimanevamo sempre fedeli alla nostra forma originaria. Alcuni di noi sono grandi, sino a 10 cm e 33 grammi di peso, ma nel carbonifero eravamo sicuramente piu' grandi. Noi siamo i Grandi Antichi e tu, stupida ninfa umana, lo avresti saputo se nelle vostre stupide scuole non si insegnassero il creazionismo e altre forme di prevaricazione dei diritti e delle conquiste altrui".

Gregor, dopo questa tirata, si ritiro' in buon ordine, ma una volta nel tunnel chiese ad una delle ninfe che erano con lui come mai Frantz era l'unico con un nome tedesco, fra tante Blattelle germaniche. La ninfa, Adul, gli tocco' le antenne con un'aria divertita e gli disse che quella era un'idea umana. "In Germania ci chiamano Die russische Schabe, gli scarafaggi russi, in Russia scarafaggi polacchi. Visto che ci temono perche' siamo quasi prolifici come gli umani ci chiamano col nome del vicino che gli sta antipatico. In realta' veniamo dall'oriente, dal sud-est asiatico per la precisione, e siamo arrivati in Europa nel medio evo, portati da Marco Polo o da altri viaggiatori che percorrevano la via della seta. Fu Linneo a decidere che eravamo tedeschi, evidentemente non si era trovato bene a vivere da quelle parti! Anche lo scarafaggio americano non e' americano, e' originario dell'Africa ed e' arrivato nelle Indie con le rotte commerciali navali, quando gli umani erano cosi' preoccupati dall'incatenarsi l'un con l'altro da non far caso a noi". "Ma perche' gli umani ci odiano tanto?" chiese Gregor. L'altro ci penso' un po' su, poi disse: "credo sia un problema di malattie, ma non ne so molto, vieni, ti porto dalla blatta giusta".

Dopo molti corridoi e cavita' percorse a velocita' incredibili entrarono in un laboratorio dove rinchiusi in teche di vetro c'erano alcuni scarafaggi, immobili nella penombra. Una blatta solitaria li guardava sconsolata da un anfratto del pavimento e Adul la introdusse a Gregor come Suzana. "Gregor vuole sapere perche' gli umani ci odiano" le disse Adul. Suzana giro' lentamente il capo verso di lui e lo fisso' a lungo coi suoi grandi occhi composti. Infine disse: "questo e' un laboratorio di microbiologia. In quella teca li' a destra ci sono alcune delle mie ultime ninfe prima che scappassi. Sono state infettate e moriranno presto. Ma se riuscissi a farli scappare e portarli nella cucina della mensa prima che muoiano, potrebbero portare con se' qualche umano. A volte alcuni di noi ottengono risultati anche senza passare di qui, basta fare un giretto sotto i bagni, sguazzare per bene nei condotti e poi andare a fare uno spuntino in cucina, sperando di evitare esche avvelenate e acido borico.

Nessuna di noi blatte e' velenosa, ma gli umani sono delicati e gli basta qualche parassita per avere diarrea o dissenteria violente, ma anche poliomielite e polmonite. Ci hanno -e con ragione- imputato di portargli  Enterobacter, Klebsiella , Enterococco , Staphylococco, Esherichia coli, Streptococcus, Pseudomonas, Shigella, Haemophilus tra i batteri, circa 6 tipi di vermi intestinali (ma questi purtroppo sono rari), Candida e Aspergillus niger (la muffa nera) tra i funghi. Inoltre le nostre cuticole possono provocare gravi forme di asma nelle loro larve. Insomma loro ci usano per gli esperimenti, e noi gli facciamo la guerra batteriologica. Noi mangiamo il loro cibo, e loro ci distruggono l'habitat, o ci avvelenano. Per ora siamo pari, ma su chi stia pagando il prezzo piu' alto e' tutto da discutere".

Gregor avrebbe davvero voluto ascoltare con interesse la parte finale del discorso di Suzana, ma non riusciva piu' a pensare. Mentre parlava lei aveva cominciato a toccarlo con le antenne. L'odore dei feromoni di lei aveva paralizzato ogni sua cellula nervosa in tutti e sei i gangli cerebrali sparsi per il suo corpo. D'improvviso i suoi movimenti non gli appartenevano piu', si sentiva come Tomas controllato dalla sua scatolina meccanica. Alzo' le ali e comincio' a girare su se' stesso, mostrando il dorso a Suzana, mentre sentiva un liquido sgorgargli dai tergiti posteriori. Non immaginava di avere ghiandole in quella posizione. Suzana gli si avvicino' e comincio' a leccare la secrezione, e a salirgli lentamente addosso. Si accorse di avere un erezione. La miseria degli ultimi mesi aveva completamente allontanato dalla sua testa pensieri simili e il fatto avvenne come una sorpresa, doppia perche' non immaginava che gli scarafaggi avessere fecondazione interna. blattella3Quando Suzana fu nella posizione giusta e tutto era a contatto e ben incastrato, i due partner si girarono schiena contro schiena ("come i cani, penso' Gregor, ma non mi importa") e  rimasero incastrati, a lungo. Suzana dovette momentaneamente allontanare le sue idee bellicose per tutti e 21 i giorni in cui porto' sotto di se' l'enorme ooteca. Gli altri maschi prendevano in giro Gregor, ma lui non aveva mai avuto figli come umano e voleva almeno assistere alla nascita dei suoi piccoli in questa nuova esistenza. Ne nacquero 39, tutti bianchi, brulicanti e vitali, e Gregor li guardo' disperdersi con soddisfazione, sapendo che avrebbero costituito l'ennesima sfida per gli umani addetti a disinfestare l'Universita', e possibilmente avrebbero continuato la guerra biologica iniziata dalla loro madre.

Tubacteria, protozoans, and viruses, which lead to human ailments. Fouled food and parasites can lead to food poisoning, dysentery, and diarrhea in humans. Bodies, fragments, waste, and secretions of cockroaches are allergens to humans. These can lead to asthma in young children. Also, German cockroaches may bite humans, feed on particles on sleeping humans, and cause psychological stressTutte le foto di questo post sono copyright del Dr. Franco Casini, che ringrazio per avermi concesso di usarle

Tutte le foto di questo post sono Copyright del Dr. Franco Casini, che ringrazio per avermi concesso di usarle

Referenze

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Jeanson, R.,  Deneubourg, J.-L. (2006) Path selection in cockroaches. J. Exp. Biol. vol. 209 (23) p. 4768-4775

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Nojima S., Sakuma M., Nishida R., Kuwahara Y. (1999) A Glandular Gift in the German Cockroach, Blattella germanica (L.) (Dictyoptera: Blattellidae): The Courtship Feeding of a Female on Secretions from Male Tergal Glands. Journal of Insect Behavior, Vol. 12, No. 5

Kafka, F. (1915) La Metamorfosi (traduzione it.)

http://www.todayifoundout.com/index.php/2011/04/why-cockroaches-and-insects-are-resistant-to-radiation/#ywJhoQh5GOTgDrWF.99

 http://www.who.int/water_sanitation_heal...

Un mostro in casa (Felis s. catus)

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Visto che un nuovo studio su Nature ha scoperto l'acqua calda (se ne parla qui su NatGeo), ovvero che i gatti mangiano topi e uccellini, riporto qui un mio vecchio post del 2009 dove c'e' una carrellata dei danni fatti dai nostri miciotti morbidi, a livello globale.

Quasi sempre la presenza di una specie alloctona e’ dannosa per gli ecosistemi, ma ci sono specie piu’ deleterie di altre ed una di queste sono proprio i nostri beneamati mici di casa.  Questo infatti non e’ un post sui gatti, ma sulle conseguenze dell’importazione dei gatti in piccoli ecosistemi.

I gatti, Felis catus, Felis silvestris, Felis Libyca o comunque vi piaccia chiamarli (essendo interfecondi, tecnicamente sono la stessa specie e propriamente andrebbero visti tutti come popolazioni di F. silvestris), sono stati addomesticati tra 10000 e 5000 anni fa tra la Turchia e la Mesopotamia, forse (molto forse) col contributo genetico minimo di altre specie di felino selvatico. Negli ultimi 10000 anni non ci sono stati grossi cambiamenti a livello genetico, quindi dal punto di vista molecolare un Felis silvestris catus, un Felis silvestris silvestris e un Felis silvestris lybica sono popolazioni separate ma non specie diverse, nonostante le origini del gatto di casa siano attribuite a F. s. lybica e F. s. silvestris. Cosa sia una sottospecie purtroppo non e' chiaro a nessuno.

Piu’ che di domesticazione vera e propria, si dovrebbe in qualche modo parlare di simbiosi (avanzi di cibo e rifugio in cambio dell’eliminazione dei roditori, competitori troppo pericolosi per i coltivatori), o al massimo di  commensalita’ (avanzi di cibo e Hill’s Very Expensive Scraps of Cheap Meat in Synthetic Jelly (TM)  in cambio del privilegio di nutrire un gatto), laddove i roditori non costituiscono una minaccia. I gatti insomma vivono intorno e negli insediamenti umani non per vera domesticazione, ma piu’ che altro per mutua intesa.

Questo ha fatto si' che per gli ultimi 4900 anni non ci sia stata una effettiva selezione da parte dell’uomo per ottenere una specie piu’ antropicamente adatta, come e’ successo per l’uro, per il cavallo, per il lupo, per i canarini, per le capre, per i lama, per i polli etc etc. Quello che il gatto doveva fare, cioe’ uccidere i topi e fare le fusa se gli garbava, lo faceva gia’ egregiamente senza grossa pressione selettiva artificiale. Il risultato di cio’ e’ che i gatti hanno una enorme facilita’ a rinselvatichirsi e ad adattarsi in un ambiente ferale, anche sopravvivendo in condizioni estreme, dato che il grosso dei geni del fenotipo selvatico sono ancora li' pronti a saltar fuori nel giro di due o tre generazioni di selezione naturale. L’unico tratto che sembra fortemente legato alla domesticazione e’ la capacita’ di formare colonie dove c’e’ abbondanza di cibo, mentre i veri gatti selvatici restano comunque solitari (e quasi certamente cio’ e’ dovuto a selezione naturale e non artificiale: se tolleri la presenza di un conspecifico, comunque c’e’ del cibo facile per te vicino all’uomo, se no te ne vai per asparagi a fare il gatto selvatico).

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La prima introduzione del gatto in un ecosistema insulare risale a circa 9500 anni fa a Cipro, ma qui la faccenda e’ complessa: si trattava quasi certamente di animali selvatici e non domestati, introdotti come sistema lotta biologica contro i topi (Mus musculus) che erano stati a loro volta introdotti accidentalmente (ratti all’epoca ancora non ce n’erano in Europa). Non e’ impossibile che questa introduzione abbia portato all’estinzione di qualche specie di piccolo roditore o di uccello (una specie di topo selvatico effettivamente si e’ estinta a Cipro nel neolitico in concomitanza con la comparsa dell’uomo, e quindi del gatto), ma considerando che l’arrivo degli esseri umani coincise con la perdita di habitat, devoluto a scopo agricolo o bruciato  e con l’introduzione di cani, capre, pecore, cervi, volpi e maiali non mi sento di accusare i gatti in particolare. Lo stesso dicasi per gli isolotti della Grecia, dove il gatto arrivo’ nel 1400 a. C. , a danni umani gia’ fatti.

In Europa continentale il gatto arrivo’ grazie ai Fenici che li vendevano ai Romani come pet esotici (contro i topi e per la caccia ai conigli i romani avevano appositamente selezionato il furetto dalla puzzola, ma il gatto effettivamente e’ molto piu’ efficiente, amichevole, e profumato) e si stabili’ definitivamente tra 2500 e 2000 anni fa. L’Europa continentale (cosi’ come tutti gli altri continenti ad eccezione dell’Australia) non ha mai avuto problemi ad ospitare questa specie in quanto tutte le potenziali prede (piccoli uccelli, piccoli roditori e piccoli rettili) erano gia’ adattati a sopravvivere in un ambiente in cui predavano il gatto selvatico (F. silvestris silvestris), la faina, la martora, la donnola, la puzzola, l’ermellino etc. piu’ una gran quantita’ di rapaci diurni e notturni. La Corsica pero’ potrebbe aver pagato il suo tributo al gatto: piu’ o meno in concomitanza con l’apparire del gatto, scomparvero un toporagno endemico (Episoriculus), due roditori giganti, Rhagamys orthodon e Tyrrenicola sp., e un para-leprotto (Prolagus sardus) ma e’ piu’ probabile che il misfatto sia stato compiuto dai cani: i gatti sembrano essere scagionati sia da Simon J. Davis (The Archeology of animals) che da J.A. Alcover (Extinctions in near time). Meglio cosi’. Anche delle altre severe estinzioni che occorsero alle Baleari e nelle altre isole del Mediterraneo i gatti sembrerebbero essere innocenti, salvo compartecipazione per una lucertolina (Podarcis lilfordi) (Corti et al., 1999) . In Gran Bretagna, altresi’, non ci furono danni, sebbene OGGI gli inglesi dicano che i gatti di casa portino gli uccelletti sull’orlo dell’estinzione nella loro isola. Un modo come un altro per non guardare al fatto che non esistono piu’ boschi in questa nazione, suppongo, e non credo siano i gatti a tagliare gli alberi (i castori sono estinti da oltre un migliaio di anni, non possono essere stati neanche loro).

Nelle Isole Canarie si deve presumibilmente ai gatti (arrivati con gli spagnoli nel XV secolo) l’estinzione di  una quaglia, Coturnix gomerae. Quattro specie inoltre sono direttamente a rischio di estinzione per via della predazione felina, un uccello endemico, Saxicola dacotiae, e tre lucertole giganti endemiche, Gallotia simonyi, Gallotia intermedia, e Gallotia gomerana. Oddio, un piccolo prezzo se comparato all’estinzione del popolo dei Guanches in meno di un secolo per colpa di Homo sapiens.

Dall’altro lato dell’Atlantico due sono i danni principali dovuti ai nostri amici felini: la scomparsa di una decina di specie di hutia nelle varie isole dei Caraibi e la scomparsa di un topolino delle sabbie in Florida. Gli hutia sono dei sorcioni arboricoli simili a cavie buoni da mangiare e pare che anche l’equipaggio di Cristoforo Colombo li abbia potuti apprezzare. Della ventina di specie esistenti prima dell’arrivo del genovese se ne sono estinte una decina sotto la pressione di gatti, cani, ratti, manguste e, ovviamente, umani buongustai. Essendo pero’ gli hutia arboricoli occorre un predatore arrampicatore e temo che gli unici dell’elenco siano  gatti e manguste. Nelle isole di Anastasia e Santa Rosa, al largo della Florida, i topolini delle dune Peromyscus polionotus sono prossimi all’estinzione e una sottospecie, P. p decoloratus, e’ gia’ scomparsa. Oltre ai soliti gatti questa volta sono imputati anche le volpi e i palazzinari della Florida che distruggono le dune.

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L’isola dell’Atlantico  che ha sofferto di piu’ l’invasione dei gatti e’ pero’ Ascension. I felini arrivarono sull’isola nel 1815 insieme agli umani (inglesi), che li introdussero deliberatamente per controllare i ratti che erano sbarcati dalle navi. All’arrivo degli inglesi c’erano circa 20 milioni di uccelli marini nidificanti sull’isola. Nel 2000 non ce n’era piu’ neanche uno e le ultime colonie (circa 400.000 individui) si erano spostate sugli isolotti al largo dell’isola. Il rallide di Ascension (Mundia elpenor) si e’ estinto completamente, preda facile dato che era inetto al volo. Quanto agli uccelli, la fregata di Ascension (Fregata aquila) nidifica solo ed esclusivamente ad Ascension ed e’ ora sull’orlo dell’estinzione, e cosi’ pure, localmente, la sula (Sula sula). La berta di Audubon (Puffinus lherminieri) e’ estinto completamente. La sterna fuligginosa (Sterna fuscata) era predata dal rallide estinto e sopravvive ancora, ma anche lei ne e’ uscita decimata dall’incontro coi gatti.

Se ancora non siamo convinti dell’impatto dei gatti, spostiamoci in Messico. Angel de la Guardia e’ un'isola relativamente grande tra la costa pacifica e la penisola di California. Qui viveva una specie endemica di topolini del genere Peromyscus guardia. Un'altra popolazione fu trovata sull'isolotto di Estanque, al largo di Angel de la Guardia. Nell’Ottobre 1995 la popolazione di Estanque fu censita ed era relativamente abbondante. Nel 1998 fu avvistato un gatto sull'isolotto, uno, e da allora di topolini di Angel de la Guardia  non ce n’e’ piu’ neanche l’ombra. Il 90% delle deiezioni di gatto trovate nel 1998 a Estanque conteneva pelo del topolino in questione. Il gatto fu poi “eradicato” nel 1999 ma era troppo tardi. Questa volta non si puo’ dare la colpa a volpi o a cani, dato che sull’isola, miracolosamente, non ci sono predatori alloctoni.

Un po’ piu’ a sud di Angel de la Guardia, sempre in Messico, sull’isola di Socorro i gatti ferali si stanno allegramente mangiando una specie endemica di lucertola, Urosaurus auriculatus (che a dire la verita’ soffre anche della presenza di pecore selvatiche che si mangiano tutto sino all’erosione del suolo) e sono stati imputati come responsabili dell’estinzione della colomba endemica di Socorro, Zenaida graysoni. A Guadalupe si riporta l’estinzione, sempre ad opera felina, del picchio ramato di Guadalupe (Colaptes cafer rufipileus), del pipilo dai fianchi rossastri (Pipilo maculatus) e complessivamente di un buon 40% degli uccelli originariamente presenti: in tutte queste estinzioni c’e’ sempre lo zampino unghiuto di un gatto.

Finche’ ci si accorge del problema poco male. Ci sono posti, tipo l’isola di Socotra nell’oceano indiano, dove invece non si hanno dati. Socotra e’ una di quelle isole che pullulano di endemismi locali e gli unici due mammiferi predatori, ovviamente importati, sono i gatti e uno zibetto indiano. Il gatto di Socotra, addirittura, pare presenti un fenomeno di gigantismo insulare (tipo i topi dell’isola di Gough) ed e’ di taglia piu’ grande della media. Si mormora che questi gatti facciano strage di tartarughini marini appena sguciati dall’uovo, e di sicuro hanno un impatto pesante sulla vastissima popolazione di uccelli endemici, ma non ci sono dati in proposito e le autorita’ yemenite mi sembrano ignorare il problema.

E ora, affrontiamo  il problema piu’ serio: l’Australia, la Nuova Zelanda e le isole del Pacifico. Secondo l’ISSG Database i felini domestici sono stati introdotti in 40 isole al largo dell’Australia, 7 al largo della Nuova Zelanda e diverse dozzine di isole e isolotti sparsi nel Pacifico; sono ritenuti responsabili del declino di almeno sei specie di uccelli endemici in Nuova Zelanda (inclusi lo scricciolo dell’Isola Stephens, Xenicus lyalli e il kapapo, Strigops habroptilus) e di almeno 70 estinzioni locali di uccelli insulari. Voi direte: ok il Kakapo, il pappagallo piu’ gosso del mondo lo conoscono tutti. Ma lo scricciolo dell’isola di Stephen che avra’ di particolare da essere nominato come caso esemplare? L’uccellino, endemico dell’isola, fu contemporaneamente scoperto e dichiarato estinto grazie al gatto del guardiano del faro. Riporto dalla sempre eccellente Enciclopedia delle specie estinte di Day: “Ad un recente (1895) convegno del Club degli Ornitologi di Londra, l’onorevole Mr W. Rothscild, il ben noto collezionista, descrisse questi esemplari veramente unici che aveva ottenuto da Mr Henry Travers di Wellington, che a sua volta li aveva avuti dal guardiano del faro dell’Isola di Stephen che, da parte sua, si dice abbia sostenuto di essere in debito con il proprio gatto per questa importante scoperta.” Abbiamo gia’ visto, a proposito dell’Isola di Angel de la Guardia, come un solo gatto possa far estinguere un’intera specie, e cosi’ avvenne anche sull’Isola di Stephen: dopo il 1895 questi uccelli sono piu' o meno scomparsi, e gli unici 16 esemplari presenti nelle varie collezioni di tutto il mondo sono stati sottratti alla ciotola del gatto del guardiano del faro. Si pensa in realta' che qualche superstite ci fosse, ma non abbastanza per salvare la specie. Nella fredda isola di Macquarie, a sud della nuova Zelanda, cio’ che non riuscirono a fare il freddo e i feroci collezionisti vittoriani poterono i gatti abbandonati sull’isola dai cacciatori di foche e pinguini: il parrocchetto dell’isola di Macquarie, Cyanoramphus novazelandiae erythrotis fu spazzato via in soli 14 anni ed era estinto nel  1890.

In Australia continentale i gatti hanno messo in ginocchio il cacatua dalla coda rossa (Calyptorhynchus magnificus) e contribuito all’estinzione o alla rarefazione di decine di altri uccelli e mammiferi come ad esempio il quoll, e almeno tre specie di topi saltatori (Notomys sp.), ma il grosso dei danni ovviamente e’ avvenuto nelle isole. Nell’isola di St. Francis nella Baia Grand, ad esempio, i gatti furono introdotti volutamente dall’unica famiglia residente nel 1890 per controllare una specie endemica di potoroo, un marsupiale simile ad un minuscolo canguro. La colpa del potoroo: rubacchiare i prodotti dell’orto. La sentenza: estinzione totale nel giro di una ventina di anni. Il lavoro fu cosi’ pulito che non ci e’ rimasto neanche uno scheletro per la scienza. Di questa specie sappiamo solo che non temevano l’uomo ed erano diurni. Altre due specie di piccoli potoroo sembrano essere state eliminate dai gatti in Australia continentale, il Potorous gilberti e il Potorous platyops.

Passando alle isole del Pacifico, rimarchevole e’ la storia del colombo crestato di Choiseul (Macrogoura meeki), un’isola dell’arcipelago delle Salomone. All’epoca gli indigeni erano ostili (come dargli torto?) e non vi erano spedizioni all’interno dell’isola. Un collezionista australiano, tale A.S. Meek, acquisto’ sei esemplari di questo coloratissimo uccello in un mercato, e quindi non venne mai a conoscenza della loro esatta provenienza. Cedette dopo questi esemplari al solito Rotschild, il predatore vittoriano per eccellenza, nel 1904. Spedizioni successive per trovare questi uccelli nell’isola sono sempre fallite e la specie fu dichiarata estinta nel 1910. I nativi melanesiani, comunque, attribuirono la loro scomparsa alla predazione dei gatti che erano stati introdotti sull’isola: la specie viveva prevalentemente a terra ed era quindi una preda molto facile in un posto dove non vi erano mai stati prima mammiferi. Sempre a Choiseul i gatti potrebbero aver fatto estinguere anche Zoothera heinei choiseuli, un tipo di storno, noto per un unico esemplare e probabilmente estinto intorno al 1940. E’ molto probabile che il lavoro dei gatti su quest’isola (e su tutte le altre) abbia fatto estinguere anche molte altre specie di cui non conosceremo mai l’esistenza.

In cauda venenum, arriviamo alle isole Hawaii. L’arcipelago fronteggia una violenta estinzione di massa sin dall’arrivo dei primi esseri umani, 1600 anni fa circa. Da allora caccia spietata, distruzione dell’habitat, introduzione di malattie e introduzione delle specie alloctone piu’ improbabili hanno lavorato per eliminare la meravigliosa e diversissima fauna che vi era presente. Ai gatti in particolare e’ imputata la minaccia diretta a due specie di uccello, per via della dimostrata predazione dei nidi: Palila (Loxioides bailleui, 60% degli esemplari scomparso dal 2003 al 2008 a Mauna Kea) e  alala (Corvus hawaiiensis); inoltre sono responsabili anche delle minacce a:  rampichino delle Hawaii (Oreomystis mana), procellaria hawaiana dal dorso scuro (Pterodroma phaeopygia sandwichensis), anatra hawaiana (Anas vylvianna), oca hawaiiana (Branta sandvicensis), falco hawaiiano (Buteo solitarius), cavaliere hawaiano (Himantopus knudseni), berta di Newell (Puffinus newelli, 60% degli esemplari scomparsi dal 1993 al 1999), Nuku pu’u (Hemignathus lucidus affinus), storno maggiore kaua’i (Myadestes myadestinus), storno minore kaua’i (Myadestes palmeri). Come mai alle Hawaii piu’ che nel resto delle isole pacifiche? Semplice: oltre al fatto oggettivo di avere una elevatissima quantita’ di specie endemiche, le Hawaii appartenegono agli USA e quindi la loro fauna e’ molto piu’ studiata perche’ il governo mette a disposizione fondi.

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E ora veniamo alla domanda cruciale: c’e’ rimedio? Probabilmente e’ tardi, ma qualcosa per salvare il salvabile si puo’ e si deve tentare. La risposta e’ una sola, ed e’ messa in atto piu’ o meno in tutte le isole minacciate: per quanto sia crudele, bisogna eradicare i gatti. Eradicare significa per lo piu’ catturare e uccidere, non ci sono molte altre soluzioni. Alle Hawaii il governo gestisce i gatti in apposite colonie feline, ma penso che una buona fetta dei gatti ferali venga soppressa. Campagne del governo invitano i proprietari a tenere i gatti domestici in casa il piu’ possibile. Non credo tuttavia che l’approccio pietoso funzioni. Ad Ascension, ad esempio, la comunita’ locale ha accettato di fare sterilizzare tutti i gatti di proprieta’ presenti sull’isola e di non interferire con l’eliminazione dei 500-600 gatti ferali che erano presenti. Dal 2006 non ci sono piu’ gatti sull’isola e le popolazioni di uccelli sono in lenta ripresa. Cosi’ e’ stato anche per molte isole australiane e neozelandesi. L’eradicazione dei gatti, ad esempio, ha consentito di salvare gli ultimi esemplari di kakapo. Va da se' che insieme ai gatti devono essere eradicati anche tutti i ratti e i topi, e possibilmente anche le manguste, i conigli, le capre, le pecore, i cani e i maiali, che sono quasi sempre coresponsabili delle estinzioni.

E, naturalmente, la specie piu’ importante di tutte da eradicare dai piccoli ecosistemi insulari e’ sempre la stessa, la cui identificazione lascio come utile esercizio per il lettore.

Disclaimer: nessun passerotto e’ stato portato sull’orlo dell’estinzione per scrivere questo post: i tre gatti nelle foto non sono mai stati capaci di uccidere neanche una falena moribonda.

 http://www.issg.org/database/species/imp...

 http://www.ingentaconnect.com/content/bs... (eradication)

 http://209.85.129.132/search?q=cache:CiF...

http://birds.suite101.com/article.cfm/cats__birds__and_ascension_island#ixzz0JUEpJ4KM&D

L'esorcista, la shoah e il genetista

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Questa non e' una storia di animali strani come le altre, quanto piuttosto la cronaca di un fatto imbarazzante. O magari mi sbaglio, ed e' una storia di animali strani.

Tutto incomincia quando vengo a conoscenza della presentazione del libro "Come difendersi dal diavolo", intervista di Patrizia Cattaneo al decano degli esorcisti, Padre Cipriano de Meo, Presidente ad interim dell'Associazione Italiana degli esorcisti (ebbene si, anche gli esorcisti, nel loro piccolo, si sindacalizzano).

Io credo nella liberta' individuale di credere e pensare quello che si vuole, dal Flying Spaghetti Monster alla creazione del mondo in sei giorni passando per i sogni degli antenati, e non trovo il libro in se' particolarmente shockante o sconvolgente. Le Edizioni Paoline da sempre pubblicano testi del genere, rimangono nell'ambito del loro mercato e siamo tutti contenti. Quello che trovo inaccettabile e' che un libro oscurantista e dal sapore medioevale venga presentato dal rettore dell'universita' di Bari, professor Uricchio, nell'aula magna del Palazzo Ateneo. In altre parole che una delle principali universita' italiane ratifichi con un'aura di approvazione ufficiale un libro ascientifico e superstizioso, calpestando tutti coloro che in quella stessa universita' cercano di fare ricerca per il progredire della conoscenza e della tecnologia, facendo improvvisamente scadere gli sforzi e la credibilita' scientifica di tutti gli alumni dell'universita' stessa. Inclusa, ahime', la sottoscritta.

Dopo aver lanciato un po' di segnali di allarme sui social network e al CICAP, ho cercato informazioni sull'autrice del libro, e non e' stato difficile trovarle. Leggendo affascinata il sito della signora Cattaneo scopro che "Anche quando i laici sviluppano una certa competenza, o sono esperti medici e psicologi, la certezza della presenza diabolica la dà solo l’esorcista, dopo avere pregato sul soggetto. Ci sono infatti casi di possessione completamente asintomatici e molto complessi e un laico, per quanto dotto e preparato, rischia di rifiutare un paziente che ha invece bisogno estremo dell’esorcista". Chissa' quanti portatori sani di demonicita' si aggirano intorno a noi, solo che non ce ne accorgiamo. Speriamo che scoprano un vaccino.  Scopro anche che "Dal cancro si puo' guarire, parola di frate", con una pozione a base di grappa, aloe e miele, e questo non e' sarcasmo. Inoltre, se doveste avere "problemi legati ai disturbi malefici, segnaliamo alcuni esorcisti a noi noti, che attualmente esercitano il ministero con il mandato REGOLARE e UFFICIALE del loro Vescovo. Il nostro unico criterio di scelta è la conoscenza personale, per cui non è ovviamente esaustiva." In pratica, la signora fa da tramite tra esorcisti in cerca di spiritati e posseduti in cerca di cura per i loro "disturbi malefici" o problemi mentali che dir si voglia. Risulta dal sito che nessuno screening viene effettuato e tutti i candidati ad avere "disturbi malefici" vengono prontamente inviati dall'esorcista, indipendentemente dai pareri medici, incluso un bambino di sette anni.

Di casi di bambini uccisi mentre venivano esorcizzati la cronaca e' piena, vedi qui o qui, ma naturalmente secondo i rappresentanti ufficiali dell'Ateneo barese non c'e' nulla di male nel presentare un libro che parli di queste cose.

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Arrivato il pomeriggio fatidico dell'evento e trovandomi per coincidenza nel posto giusto al momento giusto, mi dirigo verso l'aula magna col mio bel "domandone" in tasca, pronta a partecipare al contraddittorio, anche se qualche dubbio sulla qualita' o esistenza del contraddittorio gia' la nutrivo.

La sala e' piena, circa un centinaio di posti o poco piu', di un pubblico molto eterogeneo che va da signore impellicciate a studenti con la keffiyeh.

Mi sistemo in prossimita' della porta posteriore dell'aula, cercando di occupare una posizione che mi dia piena visibilita' dell'aula e dei relatori. Di fianco a me ci sono dei cronisti locali e un gruppo di studenti. Il gruppo di studenti si rivela essere li per i miei stessi motivi. Sette ragazzi del sindacato studentesco LinkBari che promettono allegri un'azione dimostrativa ma allo stesso tempo sono spaventati dalla sicurezza o peggio, di essere schedati dalla DIGOS.

L'inizio dei lavori parte molto in ritardo perche' il Rettore, dopo essersi fatto attendere, opta saggiamente per trovarsi altrove e diserta l'evento. Apre la presentazione il prof. Giorgio Otranto, molto noto per la sua militanza cattolica, spiegando che in contemporanea a questo c'e' un evento sulla Shoah. In effetti, la presentazione di un libro sugli esorcismi il giorno della memoria e' "proprio per onorare la Shoah", secondo il professor Otranto, che si lancia in uno sperticato (e a mio parere di dubbio gusto) parallelo tra il male diabolico e il nazismo ("i due eventi si devono collegare perche' siamo in presenza del male") implicando che la Shoah e' frutto del demonio, solo che evidentemente nessun esorcista penso' che valesse la pena di esorcizzarlo.

Un altro punto su cui Giorgio Otranto, docente di storia del cristianesimo, insiste molto, e' che "l'esorcismo e' un fenomeno storico che precede la religione cristiana", ma non e' molto chiaro sino alla fine dove questo filo voglia condurre, anche perche' dopo alcuni minuti dall'inizio della conferenza incominciano interruzioni e commenti ad alta voce. Poca roba, solo qualche parola, ma il professore sceglie di non ignorare il disturbo, ribatte in toni rudi e propone un dibattito a porte chiuse, ma il pubblico e' abbastanza compatto nel chiedere un dibattito pubblico.

Si, perche' almeno un terzo dei presenti e' in realta' li per protestare, e per chiedere a gran voce che la loro universita' sia un luogo dove la conoscenza scientifica venga valorizzata, e il disappunto e' greve e pesante nelle ultime file. Solo, il professore non sembra amare il contraddittorio ed e' evidentemente seccato. Volano scambi di parole pesanti anche tra il pubblico "siete dei fascisti di merda", "Ca' nisciun' e' fess" e amenita' simili. Il punto caldo e' pero' raggiunto quando i ragazzi di LinkBari si alzano in piedi, in silenzio, indossando delle corna rosse, ed escono dall'aula tra le urla di disappunto di molti e gli applausi di pochi. Qualcuno, una signora in pigiama, o forse in un completo elegante, ricorda indignata come "questa gente non abbia fatto andare il papa Ratzinger a parlare alla sapienza nel 2008" e si congratula che a Bari le cose vadano meglio.

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L'intervento di Patrizia Cattaneo e' breve e inconcludente, si limita a relazionare sui motivi per cui ha scritto il libro, sulle sue vicissitudini per pubblicarlo e da' dettagli del tutto irrilevanti sui tempi editoriali e sulla competizione per la pubblicazione, intervallando frasi come "vite rovinate", "karma inevitabile", "cultura del diavolo", "visione demonocentrica". L'intervento dell'esorcista e' invece francamente disarmante. Non ce la faccio a prendermela con un signore novantenne e poco lucido che biascica mezze frasi con l'accento gutturale foggiano, neanche se questo signore sparge superstizioni da sessant'anni a detrimento di persone psicolabili. Il succo del discorso di Padre Cipriano de Meo e' piu' o meno: "il diavolo c'e', ma non si vede, penitenziagite". Parla evidentemente per slogan ripetuti per sessant'anni dall'alto dei pulpiti e dal basso delle camere di malati. "E' il diavolo che ci fa credere che non esiste" "Il diavolo ha sparso la notizia della sua morte" "Dio permette il demonio perche' ci vuol bene" "il demonio si approfitta di questa nostra dabbenaggine" (riferendosi agli studenti di LinkBari).

Anche il discorso dell'esorcista e' interrotto da provocazioni, a mio avviso fuori luogo dato che il frate ha evidenti problemi di udito, ma Giorgio Otranto interviene in sua difesa ricordando che questa presentazione e' compensata da un precedente seminario sull'ateismo. Non mi e' pero' chiaro come una cosa compensi l'altra, qui non si tratta di par condicio ma di uscire dal medioevo.

Dopo un altro intervento poco significativo  del professor Indellicato si arriva a quello che tutti attendono trepidanti, il dibattito. Dopo anni nel Regno Unito non riesco a tornare alle vecchie abitudini baresi di non fare la coda e prevaricare gli altri sgomitando e cerco di iscrivermi a parlare alzando la mano educatamente. Otranto mi vede e mi ignora: dal momento che ero seduta per caso vicino ai ragazzi deve aver pensato che ero una provocatrice e fino alla fine non mi concede la parola.

Nel dibattito vengono comunque fuori quasi tutti i punti chiave di quello che sarebbe stato il mio intervento, anche se intervallati da gente stizzita che grida "se non siete d'accordo ve ne potete anche andare".

L'intervento pero' piu' inaspettato e sicuramente il piu' interessante e' quello di Mariano Rocchi, genetista e Preside di Biologia nella stessa universita' (ma dov'era il professor Rocchi quando io studiavo biologia?), che lascia Otranto & Co. di ghiaccio perche' con fredda e impassibile educazione ricorda che oggi conosciamo cose come il DNA e l'evoluzione, sappiamo come funzionano i geni e il cervello umano, e che parlare ancora di indemoniati e' un anacronismo e un voler negare le conoscenze attuali. Riceve come risposta che le sue sono pure opinioni come quelle degli altri (inclusa l'evoluzione, ca va sans dire). L'intervento successivo di una biologa che lavora con Rocchi solleva ilarita' tra prime file quando dichiara di essere sbattezzata, e disappunto quando rimarca con forza l'inopportunita' di tutta la conferenza.

C'e' speranza per un buon terzo dell'universita' di Bari, se quello era un campione rappresentativo, ma mi chiedo come mai Rocchi sia stato l'unico accademico ad avere il coraggio di dire la sua in aperto contrasto con i suoi colleghi. Dov'erano i fisici, i chimici e i matematici? Le scienze dure sono disposte a tornare all'alchimia? Dov'era l'ateo Luciano Canfora? Dov'erano i filosofi razionalisti? Proud to be a biologist, ancora una volta.

Alla fine, quando la discussione si era trasformata in zuffa verbale per colpa di un disturbatore, qualcuno mi ha spintonata brutalmente subito prima che mi lasciassero accesso al microfono: dovevo fare spazio al Magnifico che arrivava dalla Shoah, ha fiutato l'aria e senza molte parole ha salomonicamente mandato tutti a casa, passando come una ruspa sulla liberta' di espressione, sull'idea di dibattito democratico e soprattutto sul disappunto dei molti che si ritrovano in un'universita' che si vanta di cercare il demonio invece che promuovere la formazione scientifica.

Il re del fiume

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Ho scritto di piu' animali brutti di quel che voi non zoologi potreste immaginare, e credo che uno che davvero meriti uno spazio su questo blog sia la dobsonfly. Sia perche' e' veramente brutta, sia perche' appartiene a un gruppo di animali quasi sconosciuti in Italia, i Megaloptera, e parlarne aiuta a superare la repulsione iniziale, e a cominciare invece a provarne interesse.

Dobson fly

La dobsonfly Corydalus cornutus, femmina

In Europa al vertice della catena alimentare tra gli invertebrati di acqua dolce di solito ci sono le larve di libellula e le larve dei coleotteri ditiscidi, entrambe carnivore e attive predatrici di altri invertebrati acquatici, e anche di girini e piccoli pesci. In proporzione sono larve piuttosto grandi, sino a 5 cm, e il loro morso e' doloroso anche per gli esseri umani. Io ho sempre pensato che il termine "ditisco" serva a ricordare che immergere le dita in uno stagno e rovistare sotto le pietre a volte puo' finire con un morso molto doloroso a un dito, perche' i ditischi, come le libellule del resto, sono dei serial killer in miniatura, sia allo stadio larvale che da adulti, e mordono come dannati.

ditisco

La parte ventrale di un ditisco (Dytiscus marginalis) mostra le sue mandibole pronte a mordere le... dita

Se guardassimo pero' cosa succede negli stagni fuori dall'Europa, troveremmo un insetto che considera libellule e ditischi dei nanerottoli buoni al massimo per uno snack di mezza mattina. I King Kong tra gli invertebrati acquatici appartengono al primitivo e poco conosciuto ordine dei Megaloptera, sottofamiglia dei Corydalinae, diffuso in America, Asia e Africa. La specie piu' nota e' forse Corydalus cornutus, nella foto in alto, diffuso negli Stati Uniti orientali e in centro America, una bestia che facilmente raggiunge i 14 cm da adulta. Notizia dell'ultim'ora e' che pare sia stata scoperta in Cina una specie di Corydalinae lunga 21 cm, un record tra gli insetti acquatici. Il suo volo deve essere sicuramente spettacolare, e il suo morso anche, ma ancora se ne sa pochissimo.

I Coridalinae sono cosi' sconosciuti in Italia che non esiste neanche un nome comune per questo gruppo di animali, per cui tocca usare o il nome latino o quello comune inglese, dobsonfly. Per semplicita' e anglofilia scelgo di usare il nome inglese, posso sempre invocare in mia difesa l'effetto Dulbecco e la mia abissale ignoranza nei confronti della lingua latina.

Le dimensioni impressionanti non sono pero' l'unica peculiarita' delle dobsonfly, ce n'e' un'altra che fa battere piu' velocemente il mio cuoricino di evoluzionista: le dobsonfly maschio hanno una coda di pavone. Niente piume colorate, pero', ma un arnese altrettanto scomodo e inutile e che piace tanto alle femmine: no, non quello che state pensando, mi riferisco a delle enormi mandibole. Quando dico enormi voglio dire circa 2.5 cm su 14 cm di insetto, piu' di un sesto del corpo dell'animale. Sembrano temibili, ma in realta' sono cosi' lunghe che i muscoli annessi non riescono a muoverle con forza e la loro unica funzione, piu' che mangiare o mordere, e' di attirare le femmine e (forse) tenerle ferme durante la copula.

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Maschio con le ali aperte

Gli adulti di dobsonfly, maschi e femmine, non si nutrono affatto, quindi possono permettersi di evolvere mandibole inutili. Vivono una settimana, si accoppiano e muoiono. Le femmine pero' conservano le mandibole dello stato larvale e, anche se non si nutrono, se maneggiate possono infliggere dolorosissimi morsi che oltrepassano la pelle umana e lo strato di muscoli al di sotto. Non mi e' ben chiaro cosa ci trovino le dobsonfly femmine nelle mandibole dei loro compagni: non rappresentano un vero handicap, dato che questi animali, allo stadio adulto, non mangiano. Una coda di pavone deve offrire un impedimento reale, che dev'essere sovrastato dalla "qualita'" dei geni del maschio, che riesce a sopravvivere nonostante l'handicap. Certo, non essere capaci di mordere e difendersi e' un problema, ma le temibili mandibole della larva non sono comunque sufficienti a scoraggiare i pesci che se ne nutrono, e che sono i principali predatori delle larve di dobsonfly. Non mi sembra un grande sacrificio da parte dei maschi rinunciarvi, salvo che i predatori degli adulti alati (anfibi, uccelli, pipistrelli) non siano piu' timidi dei pesci.

Le dobsonfly sono insetti a metamorfosi completa, ma i piu' primitivi che si conoscano. Il famelico e superpredatorio stadio larvale dura 2-3 anni, tempo in cui la larva cresce riparata sotto i sassi per difendersi dai suoi predatori e prende al volo tutto cio' che le passa a tiro, purche' sia anche moderatamente commestibile. Spesso le prede sono altrettanto grandi che l'insetto. A differenza delle larve dei ditischi, che iniettano un liquido che uccide e predigerisce la preda in pochi secondi, le mandibole delle dobsonfly masticano davvero, staccando un pezzettino di carne alla volta dalla preda ancora viva.

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Larva di Coridalus cornutus. Fotocredit

Come tutti gli insetti anche questi grossi "vermoni", ovvero larve, (sino a 9 cm) hanno sei zampe. Le appendici sull'addome sono filamenti tattili e al di sotto ci sono delle branchie che, pulsando, assorbono l'ossigeno dall'acqua. In aggiunta ci sono anche le classiche trachee, dei pori che permettono al super-insetto di respirare fuori dall'acqua anche per diversi giorni. Dentro, fuori, a piacere. Brrrr.  Il doppio sistema di trachee e branchie e' necessario per compensare le enormi dimensioni di questo insetto. Il termine anfibio si adatta bene al mostro, che viene chiamato dagli americani "hellgrammite" (solo la larva). Il fatto che il nome contenga la parola "hell", inferno, secondo me non e' un caso. Dato che vive in acque veloci, l'hellgrammite e' provvisto di due paia di uncini anali per ancorarsi alle rocce.

Quando arriva il momento giusto, la larva esce dall'acqua per impuparsi. Come ben si confa' a una creatura infernale, pare che in Virginia la fuoriuscita sincronizzata di tutte le larve mature sia innescata dai temporali, o meglio, dalla vibrazione dei tuoni.  Dev'essere uno spettacolo vedere gli hellgrammite comparire dall'acqua tutti insieme sotto la luce dei fulmini, e vederli strisciare per metri verso il luogo giusto per impuparsi, e sparire quindi in una buca sottoterra. Degno dell'apertura di un buon film di zombie, ma questo e' vero. La pupa e' exarata, ovvero non e' inclusa in un bozzolo e le appendici (zampe e ali), sono libere e non attaccate al corpo, come accade invece alle pupe delle farfalle. Unico caso in assoluto tra gli insetti, queste pupe non sono "dormienti" come ci immaginiamo sia la pupa di una coccinella ma sono attive, capaci di muoversi e di mordere, se attaccate nella camera sotterranea dove sta avvenendo la metamorfosi. Essendo la pupa quando di piu' primitivo conosciuto tra gli insetti a metamorfosi completa, non c'e' bozzolo e non c'e' seta, la trasformazione avviene con la pupa a diretto contatto con la nuda terra della camera, nell'arco di 2-4 settimane. Mentre la pupa si sviluppa, le enormi mandibile del maschio in via di sviluppo sono piegate a fisarmonica.

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Piccoli Alien crescono: la pupa della dobsonfly. Fotocredit.

Quando gli adulti emergono la loro funzione e' unicamente riprodursi: la loro vita termina del giro di circa una settimana, a differenza di ditischi e libellule. Uno spreco, dopo aver vissuto come larva per oltre due anni, ma le dimensioni sono davvero ai limiti di sopravvivenza per un insetto, che ha scambi gassosi solo per diffusione attraverso i buchetti delle trachee, non avendo dei polmoni attivi. Di conseguenza, gli adulti si muovono lentamente e hanno l'aria piuttosto rincoglionita. Sono attratti dalle luci, per motivi non chiari. Se per caso due adulti di sesso opposto riescono a incontrarsi, le femmine depongono alcune migliaia di uova di forma cilindrica sulle foglie delle piante che sporgono sull'acqua del fiume. L'ammasso di uova ha la forma di una cacca di uccello, per poetici motivi di mimetismo. alla schiusa i mini-alien cadranno in acqua per ricominciare il ciclo.

Le dobsonfly hanno qualche problema tassonomico, i Megaloptera erano prima inclusi tra i Neuroptera, altri mostri predatori tipo i formicaleoni, ma poi si e' deciso a ragione di separarli: le dobsonfly sono davvero antiche e primitive, i primi record che abbiamo su di loro risalgono al Giurassico. Considerando le dimensioni delle libellule del Paleozoico, non vogliamo sapere le dimensioni dei primi Megaloptera.

E per finire, qualcosa di completamente diverso, come dicono i Monty Pyton. Gli americani usano gli hellgrammite come esche per pescare le trote e altri salmonidi, sono grandi, resistenti e ben visibili ai pesci. I pescatori italiani usano come esca un sacco di roba alloctona, come anellidi americani e asiatici. Cosa succederebbe se i pescatori decidessero di pescare le trote e i salmerini con gli hellgrammite lo lascio come utile esercizio per il lettore. Quando qualcuno dice che importare le specie alloctone aumenta la biodiversita' e' solo perche' non si e' mai trovato faccia a faccia con un hellgrammite affamato.

I gatti giganti dell'isola di Ascension

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L'isola di Ascension, di proprietà del governo britannico, è un'isola vulcanica in mezzo all'oceano Atlantico il cui habitat originale è stato del tutto devastato nei 5 secoli dopo la sua scoperta, avvenuta il 21 Maggio 1501, quell'anno giorno dell'Ascensione. L'isola era arida (ci sono solo due sorgenti di acqua potabile) e priva di alberi.
Non sappiamo con precisione come fosse l'ecosistema originario e quali e quante specie endemiche ci fossero. Certamente l'isola era una importantissima stazione di nidificazione per le tartarughe verdi (Chelonia mydas) e per diverse specie di uccelli marini, di cui almeno uno endemico, la fregata di Ascension (Fregata aquila). Purtroppo i portoghesi introdussero capre e pecore per approvvigionare i marinai, che devastarono l'ambiente e quasi certamente portarono diversi endemismi all'estinzione. Oggi si contano 29 invertebrati endemici, ma nessun vertebrato, fregata a parte. Charles Darwin visitò Ascension a bordo del Beagle nel 1836 e la descrisse come un'isola senza alberi, con nulla che cresceva sulla costa. La vegetazione all'interno però supportava "circa seicento pecore, molte capre, qualche bovino e alcuni cavalli". In più riporta che c'erano molte galline faraone importate dalle isole di Capo Verde, ratti, topi e granchi terrestri. Oggi si contano un minimo di 138 specie introdotte. Dato che non se ne può mai avere abbastanza di una buona cosa, per aumentare l'umidità dell'isola e supportare la piccola popolazione umana dell'avamposto della Royal Navy, inizialmente insediato per tenere d'occhio Napoleone quando era a Sant'Elena, nel 1843 il naturalista Robert Hooker ebbe una grande idea. Incoraggiato da Darwin, iniziò un progetto di "inboschimento" dell'isola (di solito si dice rimboschimento, ma in questo caso alberi non ce n'erano mai stati, quindi penso di poter omettere il "ri"), in collaborazione con la Royal Navy e i Kew Gardens. Nel 1870 c'era una fantastica foresta pluviale di araucarie (sudamericane), bambù (Asia orientale) banane (Africa) ed eucalipti (Australia).
In tutto questo andirivieni di navi che portavano alberi sbarcò naturalmente qualche gatto, non sappiamo con precisione quando.

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Uno dei gatti giganti dell'arida isola di Ascension, scatto da fototrappola

Recenti ricerche della Zoological Society London, in via di pubblicazione, hanno rivelato un fenomeno molto interessante: come i topi della vicina isola di Gough, che si sono evoluti in due secoli diventando delle dimensioni di un ratto, anche i gatti di Ascension sono diventati giganti e pesano in media sui 15 kg, quanto una lince americana. Secondo il ricercatore dell'Imperial College Ed Sturgeon, uno degli autori dello studio "su Ascension sono del tutto scomparse le pecore e anche il numero di capre ha subito un drastico calo. Nei campioni di escrementi felini rinvenuti abbiamo trovato anche squame di tartaruga verde marina  e piume di albatros".
La popolazione di albatros, già in calo su Gough per via dei topi giganti che predano i pulli, è a rischio anche su Ascension perché questi enormi gatti ferali non esitano a predare gli adulti in nidificazione. L'evoluzione di questi felini ha dello straordinario, se si pensa che è avvenuta in meno di cinque secoli. Non esitano a entrare in acqua e nuotare per procacciarsi cibo e occasionalmente si rinvengono sulla spiaggia resti di squalo parzialmente divorato. In alcuni casi si rinvengono giovani squali intatti, presumibilmente usati dai piccoli per allenarsi alla caccia e giocarci.
È al momento in corso una ipotesi di lavoro per introdurre i gatti giganti di Ascension in zone dove è necessario eliminare maiali selvatici,  cinghiali e asini invasivi, come l'isola di Socotra o Genova.

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Uno degli squali rinvenuti sulla spiaggia di Ascension. Si notino le ferite sul fianco, graffi tipici degli artigli di un grosso felino.

La strana storia dei cammelli australiani

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Cambiamenti climatici e specie alloctone si intrecciano nella storia di un continente devastato dalla specie umana. Ha senso abbattere 10.000 cammelli per migliorare il clima?

Background

1) Al momento in cui scrivo, 9 gennaio 2020, 10 milioni di ettari di foreste e boscaglia sono bruciati o stanno bruciando in Australia, in un'area costiera che va dal Nuovo Galles del Sud allo stato di Victoria. 130 incendi, di cui 50 ancora incontrollati, che hanno distrutto 1800 case e devastato diversi parchi nazionali

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Fonte: https://www.bbc.com/news/world-australia-50951043

2) 23 persone sono morte sinora insieme a uno sterminato numero di animali. Quanti? E' molto difficile da dire, e la stima di mezzo miliardo che si legge sui giornali si riferisce solo ai vertebrati terrestri. Sinora le stime delle densità degli animali in Australia si sono rivelate molto imprecise, quindi quella cifra potrebbe essere molto più alta o molto più bassa, è veramente difficile da dire, e forse non è neanche veramente importante conoscerla con precisione. Non riesco a vedere differenza se a morire su Kangaroo Island per gli incendi sono 20.000 o 30.000 koala, il danno è devastante lo stesso, viste le proporzioni, e complessivamente la perdita di quegli habitat potrebbe causare squilibri ecologici veramente grandi, a prescindere dalla precisione numerica.

3) E' inaspettato? Solo se sei Trump, o un MiniMe di Trump come Morrison, l'attuale primo ministro Australiano, negazionista del climate change e amico delle lobby dell'estrazione del carbone. Molti studi peer reviewed avevano previsto cambiamenti importanti entro il 2020. Tra gli altri, questo report scritto nel 2007 proprio sul clima del sud est dell'Australia, la zona che sta bruciando, scritto da tre climatologi esperti per conto del Climate Institute of Australia. Le previsioni per il 2020 indicavano nei casi peggiori un incremento sino al 30% dei giorni ad alto rischio di incendio, sino al 25%  dei giorni a rischio estremo di incendio, un raddoppio dei giorni estremi in alcuni siti, giorni "catastrofici" in 20 siti. Inoltre sottolineava che le stagioni degli incendi degli ultimi anni sono durate di più e sono state le più intense dal 1940 a oggi. Insomma, lo sapevamo da almeno 13 anni (in realtà di più) che si sarebbe finiti cosi. Le predizioni sono state precisissime, e forse è meglio se non vi racconto quelle per il 2050.

4) Colpa dei piromani? Vediamo. Abbiamo un clima mediterraneo mite in inverno, con poca pioggia, secco e caldissimo in estate, sempre più caldo, sempre più arido, con tutta questa bella boscaglia secca, ettari, ettari ed ettari di boscaglia pronta a prendere fuoco come paglia. Basta nulla, davvero nulla, una sigaretta, un fulmine, un fiammifero, un focherello, per far divampare fuochi che vanno avanti e non si spengono più. Non si tratta di trovare capri espiatori, si tratta di chiedersi come si sia arrivati ad avere condizioni ambientali sempre più estreme, tali da consentire a un focherello di scatenare l'inferno che dura giorni e non si riesce a spegnere. Non è così facile dar fuoco a una foresta, se c'è umidità, anche quando la legna è secca: alle nostre latitudini i piromani, quelli veri, son costretti a portarsi dietro le taniche di benzina. Gli incendi stanno tutti gli anni, quest'anno cosa c'è, il congresso mondiale dei piromani radunato a Melbourne? Le foreste australiane sono resinose ed evolute per sopportare gli incendi, ma non era mai accaduto che bruciasse tanto bosco quanto è grande l'inghilterra, ed è quello che deve far riflettere, anche se vogliono distogliere la nostra attenzione. Secondo il Dr. Timothy Graham dell'Università tecnologica del Queensland che ha condotto una analisi in materia, la spinta a far credere sui social che c'è una cospirazione di piromani proviene da una impennata di bot sull'argomento. Quiqui potete leggere i dettagli. Per quanto riguarda i media classici, invece il New York Times afferma ci sia lo zampino di Murdock nel disinformare e spingere verso questa fantomatica storia di piromani, che certamente sollevano da ogni responsabilità il governo e i negazionisti dei cambiamenti climatici, qui potete leggere tutta la storia.

E ora qualcosa di completamente diverso: i cammelli

I cammelli stanno al continente dei marsupiali come una fetta di gorgonzola andato a male sta alla luna, ma ci sono, come ci sono i passerotti e i merli: sul momento importarli da altre zone del mondo sembrava una buona idea.

Un po' di storia: going waltzing Matilda

Quando gli Europei arrivarono sul continente, per decadi rimasero bloccati lungo le coste dalle condizioni di aridità estrema del deserto interno, sino a che si cominciò a pensare ai dromedari. Il primo arrivato, nel 1840, si chiamava Harry e causò la morte accidentale del suo proprietario, l'eploratore John Horrocks, perché lo spinse mentre caricava il fucile per sparare a un uccello. Il povero Harry purtroppo non sopravvisse al suo vendicativo proprietario. Nel 1860 ne arrivarono altri 23 con due cammellieri Pachistani per una spedizione esplorativa nell'interno. Fu un successo e tra il 1870 e il 1920, secondo una ricostruzione di Ben Lerwill per la BBC, almeno 20.000 dromedari (e qualche cammello) furono importati dalla Penisola araba, dall'India e dall'Afghanistan, con almeno 2.000 cammellieri, prevalentemente indiani e afgani, ma anche nordafricani. I dromedari appartenevano quindi a varie razze selezionate, da quelli da guerra a quelli da trasporto e a varie aree geografiche, causando certamente un bel minestrone genetico nella popolazione attuale, e in più c'erano i cammelli mongoli a due gobbe, che sono una specie diversa, .

I dromedari servivano per l'industria pastorale, perché portavano le balle di lana verso la costa, ma anche a trasportare pali del telegrafo, binari ferroviari e qualunque genere di merce pesante, dato che un maschio può trasportare sino a 600 kg, camminare per 40 km al giorno e resistere molti giorni senza bere. In breve, si deve ai cammelli (prevalentemente dromedari in realtà, ma da ora in poi userò la parola cammello come nome collettivo per dromedari e cammelli) e ai loro cammellieri asiatici e nordafricani la conquista dell'outback australiano, le carte geografiche dell'interno dell'Australia, la fondazione di avamposti, l'espansione dell'industria pastorale e in generale la penetrazioni degli Europei in aree altrimenti per loro inaccessibili. In breve, sono stati i cammelli (e i cammellieri) a occidentalizzare l'Australia.

Sfortunatamente, intorno al 1940 arrivarono le prime strade asfaltate, i primi mezzi a motore e le prime linee ferroviarie "coast-to-coast", rendendo i cammelli, le carovane e i cammellieri obsoleti, dopo che per anni si era contato unicamente su di loro per un fiorente commercio. Se quindi prima gli animali erano sfruttati all'estremo, all'improvviso si ritrovarono a essere inutili, e naturalmente accadde l'inevitabile: furono liberati, che si arrangiassero da soli. Non tutti i tentativi di introdurre una specie alloctona riescono, per esempio, malgrado una serie di disperati tentativi, gli australiani non sono mai riusciti a introdurre i pettirossi e gli scoiattoli grigi, entrambi considerati all'epoca specie ornamentali. Ma i cammelli erano tanti e outbred, cioè un bel miscuglio genetico, erano in un ambiente adatto a loro e non avevano nemici naturali oltre ai dingo, e cominciarono lentamente ad ambientarsi e riprodursi.

Secondo la letteratura nel 1969 si stimavano 15-20.000 cammelli rinselvatichiti in Australia,  nel 1988 se ne stimavano 43.000,  nel 2018 il governo ne dichiarava un milione. Considerando che si tratta di animali poco prolifici, questo da solo già ci dice che le stime delle densità degli animali nel migliore dei casi ce le possiamo giocare come terno al lotto (20-43-90 sulla ruota di Sydney, se fate terno passatemi la percentuale).

Il primo progetto di controllo dei cammelli dagli elicotteri, 2009-2013

Nel 2010 il governo australiano stimava circa 1-1.2 milioni di cammelli, prevedeva  che sarebbero raddoppiati in 8-10 anni e istituiva un National Feral Camels Action Plan. La seguente era la distribuzione stimata. Si noti che non ci sono cammelli dove oggi ci sono gli incendi.

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Questo invece è l'uso della terra relativamente al territorio dei cammelli, secondo l'Action Plan. Come si vede in molte aree pecore (in verde) e cammelli si sovrappongono, ma anche territori aborigeni (in viola) e cammelli si sovrappongono, mentre le aree blu sono del demanio e quelle rosse i parchi nazionali e le altre aree protette. Gli occidentali prevalentemente vivono nella parte gialla, non interessata dai cammelli

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Tutte le parti in gioco coinvolte concedevano che il problema non era tanto la presenza in se' di cammelli, ma le alte densità dove si raggruppavano, vicino all'acqua. I danni loro imputati sono: distruzione della vegetazione nativa, danno alle fonti idriche, perché a volte ci finiscono dentro le deiezioni (ma oggi tutte le pozze sono custodite), rischi per la biodiversità (imprecisati), competizione con le specie native, danni a siti di rilevanza culturale (es, luoghi sacri aborigeni, sepolture), danno alle infrastrutture (abbattono le staccionate), rischi per il traffico. I danni stimabili, secondo Dennis et al (2010), ammontano a 10 milioni di dollari l'anno, tutto sommato potrebbe essere peggio, considerando che i danni da cinghiale in Molise (ebbene si, il Molise esiste, anche se è grosso meno dell'unghia del mignolo dell'Australia!)  nel 2018 sono stati mezzo milione di Euro. Non trovo i dati relativi ai cinghiali per tutto il territorio italiano, molto più piccolo dell'area occupata dai cammelli in Australia, perché sono gestiti dalle singole regioni, ma penso si aggiri su cifre superiori. Per fortuna ancora a nessuno è venuto in mente di sparare ai cinghiali dagli elicotteri.

Per farla breve, il governo australiano dal 2009 al 2013 mise a disposizione 19 milioni di dollari per un progetto quadriennale affidato al contraente Ninti One, per eliminare parte della popolazione di cammelli e ridurne le densità in 18 siti. Nel 2012 Ninti One già disse che il numero di dromedari era stato stimato male e ce n'erano forse in partenza 750.000. A fine progetto disse che il numero di partenza era 600.000 e che ne rimanevano 300.000, dopo che 160.000 cammelli (ma altre fonti dicono 100.000) erano stati uccisi dagli elicotteri, alcuni catturati e venduti all'estero e gli altri erano morti di siccità. "siamo un p0' sorpresi da quanto siano sensibili alla siccità", rivelò Ninti One ad ABC. Di fatto, c'erano così pochi cammelli da eliminare che restituirono 4 dei 19 milioni alla fine del progetto. Se il numero del 2013 è realistico ed è vero che raddoppiano ogni 8-10 anni, a fine 2019, dopo sei anni, dovrebbero essercene meno di 600.000, ma volendo possiamo giocare al lotto per un terno sulla ruota di Melbourne i numeri 75, 30 e 60, per il valore che hanno. Il progetto già allora attirò tantissime critiche da animalisti e proprietari terrieri, perché un animale colpito da un proiettile da un elicottero non è detto muoia subito, potrebbero volerci ore di agonia, come accadde per esempio a Cecil il leone, se non giorni. Attirò anche le ire degli scienziati, perché allora come ora, il progetto venne venduto come un sistema per mitigare il riscaldamento globale, riducendo le flatulenze dei cammelli (sic!). Qui un esempio, tra tanti. Senza contare la puzza di 160.000 cammelli che rimangono per terra a decomporsi.

Naturalmente in questi sei anni nessuno ha fatto niente per mantenere stabile a 300.000 il numero, malgrado le tante promesse
.

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Atto secondo: torna la siccità, e tornano i cammelli

Il primo decennio del XXI secolo è stato funestato da una siccità estrema, continua e prolungata, con incendi e problemi di ogni sorta. La causa erano i movimenti del Niño e della Niña, a loro volta collegati al clima che se ne andava a ramengo. Al termine di questo periodo, a farne le spese furono i cammelli, che mangiano l'erba, bevono l'acqua e petano metano. Non certamente come i 26.6 milioni di bovini attualmente presenti sul continente, e neanche, ovviamente, come le pecore, 75.5 milioni, la cui reputazione di desertificatori è certamente una calunnia e anche quella di essere specie alloctone. Oggi abbiamo il ripetersi della stessa situazione. Non più una siccità prolungata ma un picco estremo di siccità, con temperature sopra i 40 gradi, incendi mai visti prima e un governo negazionista. Puntuali, tornano i cammelli. Con cifre più modeste, oggettivamente siamo passati da 160.000 a 10.000, ma quanti cammelli ci siano effettivamente è tutto da vedere: se è vero, come diceva Ninti One, che è sorprendente quanto siano sensibili alla siccità dovrebbero stare morendo come le mosche.

In periodo di siccità, è normale che questi animali grossi, rumorosi, forti e soprattutto disperati si ammassino vicino agli insediamenti umani, o nei pressi delle poche fonti d'acqua potabile per il bestiame. E' anche normale che, disperati, facciano danni, rompano le staccionate, bevano l'acqua di condensa dei condizionatori calpestando le aiuole, si ammassino sulle strade etc. Se voi e i vostri figli steste morendo di sete, fareste lo stesso. D'altro canto, se quella fosse la vostra aiuola, il vostro bidone della condensa o la vostra staccionata, reagireste male. E' esattamente quello che accade da noi coi danni da lupo, da orso o da cinghiale, quando ci toccano nel portafogli vogliamo subito che scatti l'opzione nucleare.

APY

La comunità aborigena che ha protestato e richiesto l'aiuto governativo ha l'impronunciabile (per noi) nome di Anangu Pitjantjatjara Yankunytjatjara (APY) e si trova nello stato del South Australia, lungo il confine col Northern Territory (Fonte della mappa: Lee et al., 2018). I 2200 abitanti della zona sono governati da un consiglio direttivo che risponde direttamente al governo australiano, e che in una riunione dell'11 dicembre, resa però nota solo il 7 di gennaio, ha deciso l'abbattimento dei cammelli. La zona non era stata coinvolta nelle precedenti operazioni di uccisione dei cammelli del 2009-2013, e gli abitanti ne lamentano la densità.

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Il comunicato dice: Una grande operazione per controllare i branchi di cammelli ferali nel territorio di di Anangu Pitjantjatjara Yankunytjatjara sta per essere lanciata questa settimana. La prima grande operazione di controllo degli animali ferali della regione è una risposta urgente alle minacce poste da un incremento del numero dei cammelli ferali, e alcuni cavalli ferali, a causa della siccità e del caldo estremo (Ma se con la siccità muoiono, come possono stare aumentando? N.d.A.) Migliaia di cammelli ferali stanno emergendo da un paesaggio arido spostandosi verso le comunità in cerca di acqua, causando danni significativi alle infrastrutture e alle case, e creando un rischio di sicurezza. I proprietari tradizionali (gli aborigeni, N.d.A.), largamente consultati sull'operazione, hanno riferito di grandissimi gruppi di cammelli e altri animali ferali (quali? N.d.A.) nelle terre di APY. Il consiglio direttivo di APY ha tenuto una riunione urgente l’11 dicembre sull’impatto dei cammelli ferali sulle comunità e sulle operazioni pastorali e approvato una risoluzione per un abbattimento aereo dei cammelli e di altri animali ferali nelle terre di APY. APY dirige il programma insieme al Progetto 10 Deserti, un partner di gestione delle terre indigeno supportato dalla fondazione Billiton BHP basata negli Stati Uniti e dal comitato di gestione di Alinytjara Wilurara Natural Resources. Richard King, il General Manager di APY, dice che i proprietari tradizionali riconoscono il bisogno di gestire gli animali ferali, malgrado l’uccisione dei cammelli presenti un conflitto spirituale per alcuni gruppi indigeni, per via del serio rischio alla sicurezza della comunità e il danno a importanti parametri economici, naturali e culturali. “C’è una estrema pressione sulle comunità aborigene remote nelle terre di APY e le loro operazioni pastorali se i cammelli cercano l’acqua”, dice Mr. King. “la situazione estrema è dovuta a condizioni secche, problemi sul benessere degli animali, minacce alle comunità, scarsità di riserve di acqua, impatti sulla salute e sull'ambiente, la distruzione delle campagne, la perdita di scorte di cibo e la messa a rischio di viaggiatori sull'autostrada Stuart e attraverso le terre di APY. Date le attuali condizioni di siccità e i grandi gruppi di cammelli che minacciano tutte le principali comunità e infrastrutture di APY, il controllo immediato dei cammelli si rende necessario”.

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Tutto molto bello, se non si va a fondo. Chi è e che fa la Billiton Fundation, BHP? Estrae carbone, petrolio e metalli intorno al mondo. Per esempio, estrae carbone in Queensland. E che l'estrazione del carbone supporti il primo ministro, è un fatto che chiunque può trovare spulciando i giornali australiani. Qui e qui potete leggere i dettagli delle attività di BHP. Allora ho pensato: ma magari Mr. King non lo sa, e si fa imbrogliare. Chi è e che fa, Mr. King? Il signor King è stato licenziato dal gruppo di gestione di APY tre giorni dopo quel comunicato. Ahi. A onor del vero, non per quel comunicato, ma perchè ha usato a suo personale uso e consumo i fondi della comunità e altre amenità simili, soprattutto per difendersi in una causa contro di lui da parte della comunità stessa, che lo voleva licenziare lo scorso anno. Insomma, è il Craxi aborigeno. Qui e qui un paio di articoli di giornali sul suo licenziamento e sui motivi e qui un lungo post scritto da una persona della comunità.

OK. Sarà quindi un caso che questo abbattimento di cammelli si sia reso necessario e assolutamente indispensabile proprio mentre il governo era sotto attacco per via degli incendi? Chissà, le coincidenze, alle volte... Se una fosse complottista le verrebbe da pensare che sia un diversivo come i bot sui piromani, ma non bisogna pensare sempre male.

Il mio contatto diretto con la comunità

Chi mi conosce sa che io sono una che non molla l'osso facilmente, e mi son detta: proviamo a contattare direttamente la comunità aborigena e sentire che pensano, adesso che Mr King è fuori gioco. Mando la mail e a stretto giro di posta chi mi risponde? Mr. King, che ho scoperto rimarrà in quella posizione sino ad aprile per cause burocratiche, anche se il suo licenziamento è formalizzato. Ecco qui la risposta di Mr. Richard King, general manager di APY, ve la traduco.

Ciao Lisa, la tua non è una domanda semplice. Gli australiani tradizionali Anangu non uccidono salvo che per mangiare. I cammelli australiani non sono una parte tradizionale della dieta degli aborigeni. Gli animali che sono cibo tradizionale, invece, vengono allontanati dal loro territorio da animali ferali come i cammelli introdotti. I proprietari tradizionali hanno chiesto questo intervento, hanno avuto gli ultimi due anni per arrivare ad accettarlo, non hanno preso questa decisione con leggerezza. Per tua informazione, i cammelli australiani mangiano un grande range di piante, molto del cibo prodotto dal bush (bacche, prugne e pomodori) viene rimosso dal paesaggio e questo rende difficile agli aborigeni cacciare e raccogliere come hanno fatto per migliaia di anni. Alcune delle piante che i cammelli mangiano sono velenose per i cani, e quindi la carne di cammello non può essere usata per farne cibo per gli animali da compagnia. Il veleno è un derivato naturale del 1080 (il veleno che dovrebbero usare per eliminare i gatti ferali, N.d.A.), e ucciderebbe un cane in poche ore se ingerito. Questo è il motivo per cui la carne di cammello non è usata come cibo per i pet. Gli esseri umani possono mangiare cammello, ma quando è caldo e secco come lo è al momento la carne non è al suo meglio. Persino la carne dei bovini non sarebbe buona da mangiare nel corrente stato di siccità. Ecco qualche numero:

APY è geograficamente nel centro dell'Australia. Dobbiamo viaggiare per 1500 km in ogni direzione per vedere l'Oceano. Utilizzare questi cammelli richiederebbe un viaggio di 1500 km per arrivare a un porto o a un macello. Bisognerebbe domarli prima, e questo costerebbe 6000 dollari minimo. Si riuscirebbe a spostarne solo 35-40 alla volta con costi di trasporto di circa $12.000 sola andata a causa delle distanze. a causa delle loro dimensioni occorrerebbe un rimorchio triplo, a un solo piano, con bordi alti. Questi costi non includono il cibo e la stabulazione. L'acquisto di un cammello verrebbe circa 250-300 dollari (dall'estero, soprattutto dai paesi arabi, ma anche dall'Ucraina, hanno avuto molte richieste di acquistare i 10.000 cammelli, N.d.A.). Come vedi, le somme non sono comparabili.  L'Australia dovrebbe esportare 200.000 cammelli l'anno solo per fronteggiare il tasso di nascita (non coincide coi calcoli sopra, N.d.A.). Nel deserto australiano al momento ci sono da 600.000 a 1.000.000 di cammelli in Australia centrale. Questi animali stanno distruggendo gli animali selvatici australiani competendo per risorse già scarse. Se le risposte fossero state facili qualcuno avrebbe già risolto il problema, stiamo solo facendo il meglio che possiamo in una situazione difficile. La nostra priorità è verso specie di flora e fauna a rischio che fanno fatica a sopravvivere contro le infestazioni ferali (ma come, non era la sicurezza delle persone? N.d.A.)"

Ho ulteriormente chiesto a Richard King che intende per "prugne e pomodori", e mi ha spiegato che sono piante locali, quondong e bush tomatoes. Infine, non potevo non chiedergli cosa ne faranno di 10.000 cammelli morti. Mi ha risposto "Col tempo, le carcasse torneranno alla terra". In pratica, le lasciano lì a marcire.

Quindi, riassumendo: abbiamo questa comunità indigena diretta dal Craxi aborigeno che con finanziamenti di una compagnia di estrazione di carbone e petrolio ha votato in fretta e furia per l'abbattimento di 10.000 cammelli, che il sette gennaio erano un grave rischio alla popolazione ma il 9 gennaio, data della mail, erano solo un problema per flora e fauna. Gli animali vengono ammazzati sparandogli dagli elicotteri, senza il minimo criterio di welfare per ridurre le sofferenze (tipo atterrare e finire con un colpo alla testa tutti i cammelli), e lasciandoli li a marcire, e questo si che pone un serio problema sanitario. Le carcasse si suppone attireranno i dingo, anche loro sottoposti a un action plan per ridurne i numeri, ma con tutta questa carne magari la popolazione avrà un piccolo picco, quindi è una specie di gioco delle matriosche. Non si capisce come sia possibile che con la siccità serissima stiano morendo tutti gli animali, tranne i cammelli, che secondo Mr. king aumentano. Spulciando, ho anche scoperto che nella comunità avevano creato un macello proprio per i cammelli, in modo che costituisse una fonte di lavoro per i giovani ed eliminasse gli individui più sfacciati. Sembra che sia stato lasciato andare in malora. In tutto questo, francamente le flatulenze di 10.000 cammelli non incideranno sulle emissioni di gas serra più della liberazione di gas dalla decomposizione dei loro corpi.

Conclusione

Questa è tutta la storia che sono riuscita a ricostruire. Formiamo di solito le nostre opinioni non sull'analisi dei fatti, ma sulla percezione che abbiamo dei fatti. Ha funzionato sempre cosi nella nostra storia evolutiva: la percezione di un pericolo e la conseguente reazione erano più importanti per la sopravvivenza del fermarsi a controllare se il pericolo esisteva davvero. Purtroppo, questo funzionava bene quando eravamo cacciatori-raccoglitori, ma non in un mondo complesso come il nostro. Oggi le nostre percezioni dei fatti, a dispetto di quello che vogliono farci pensare, non sono più sufficienti a interpretare la realtà. Eppure i bot, i troll, la disinformazione mediatica, creano ancora la nostra opinione. Chi vince da tutta questa storia? Non l'ambiente australiano, che continua a essere sottoposto a pressione estreme dal climate change, dalle estrazioni minerarie, dallo sbarramento dei corsi d'acqua, dagli alloctoni ferali e dalle immense quantità di bestiame che compete con le specie native, milioni e milioni di pecore e vacche, non 10.000 cammelli. Non gli aborigeni, che si ritrovano la siccità, la perdita delle loro tradizioni perché i frutti nativi soccombono, le pressioni governative e anche i cammelli che gli bevono dalla tanica del condizionatore e gli abbattono la staccionata, e per di più stanno prendendo insulti da tutto il mondo per questa manovra. Non i cammelli, che sono sicuramente vittima prima dell'importazione, poi dello sfruttamento, poi dell'abbandono e infine delle manovre politiche. Vincono i ricchi, come i latifondisti del bestiame, e i potenti, come i conservatori al governo. Noialtri qui dall'altro capo del mondo, pure, perdiamo, in termini sia di biodiversità che di capacità di capire che sta succedendo davvero, con tutte queste deviazioni.

Alcune Referenze

Lucas, C., Hennessy, K., Mills, G., & Bathols, J. (2007). Bushfire weather in southeast Australia: recent trends and projected climate change impacts.

Dennis, E., Russell, L., & Edwards, G. (2010). Feral camels in the Australian rangelands.

Gibbs, L., Atchison, J., & Macfarlane, I. (2015). Camel country: Assemblage, belonging and scale in invasive species geographies. Geoforum, 58, 56-67.

Lee, A., & Lewis, M. (2018). Testing the Price of Healthy and Current Diets in Remote Aboriginal Communities to Improve Food Security: Development of the Aboriginal and Torres Strait Islander Healthy Diets ASAP (Australian Standardised Affordability and Pricing) Methods. International journal of environmental research and public health, 15(12), 2912.

La vita che verrà

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Il professor Ga era preoccupato. Era stato invitato a tenere una lectio magistralis sull'estinzione di massa attualmente in corso e su quelle dei tempi passati. Da bravo divulgatore, sapeva però che non è un argomento che si può trattare con leggerezza: alla fine tutti vanno via depressi, ma pronti a ricominciare la vita come se niente fosse il giorno dopo.

"Certo", pensava, "dopo sei estinzioni di massa oramai sappiamo che la vita riparte ogni volta, con forme sempre bellissime e sempre diverse rispetto alle precedenti, ma il pubblico è preoccupato per se stesso, la domanda che fa è sempre la medesima, 'che ne sarà di noi?'. Cosa rispondere loro senza sembrare un profeta di sventura?".

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Grattandosi la testa col terzo paio di appendici, come faceva sempre nei momenti di grande stress, decise allora di vincere la sua naturale riservatezza e provare a parlarne col suo collega e amico Mes, il paleontologo. Un breve scambio di messaggi e l'appuntamento era li, pianificato per quella sera davanti a un bicchierino di frem e a un piatto di oomiceti ruspanti fritti.

Tornando a casa per prepararsi per la serata e dar da mangiare ai suoi due tetraboli, Ga continuava a riflettere. "Sei estinzioni di massa, ma la vita intelligente, come oggi la conosciamo, è comparsa solo l'ultima volta, mai prima. Cosa c'è di unico nel set di organismi e di contingenze che ha permesso lo sviluppo di forme di vita come noi, così complesse e così pericolose? Possibile che nessun organismo prima abbia mai imboccato la strada evolutiva di un sistema che permetta di non usare la forza bruta ma il pensiero logico? Che poi, cos'è il pensiero logico? Sarà la capacità di guardare più avanti di ogni singola azione compiuta?" Mentre era assorto in questi pensieri, Ga aveva aperto la porta di casa, ed era stato accolto dallo yappare festante dei tetraboli che scivolavano verso di lui per dargli il benvenuto. Esprimendo la gioia di vederli con le emissioni chimiche dei quarti segmenti laterali, Ga sentì un piccolo rimorso nell'aver organizzato la serata fuori: rimanere a casa con la compagnia di qualcosa da leggere accarezzando il pelo setoso dei tetraboli rimaneva comunque per lui il modo migliore di passare una serata, al di fuori dei periodi nuziali. L'unica consolazione sarebbe stata dar da mangiare ai suoi pet subito prima di uscire, in modo da evitare di sentire l'odore disgustoso della loro cena a base di "frutta", ovvero l'organo riproduttivo di un antichissimo tipo di piante chiamate "Angiosperme", oramai quasi estinte tranne un centinaio di specie, di cui una decina ancora relativamente comuni.

Per via del peso della lunga giornata di lavoro, mentre mutava la livrea per la serata Ga si assopì, svegliandosi solo grazie al tocco gentile di un'appendice cefalica di Zjin, la tetrabola, che gli ricordava offesa che l'ora di cena era passata da un po'. "Questa non ci voleva, arriverò tardi!", pensò Ga, mentre correva trafelato verso il luogo dell'appuntamento, naturalmente dopo una lauta elargizione di frutta ai tetraboli che non avrebbe lasciato digiuni per nulla al mondo. Mes, naturalmente, era già li, ma non sembrava irritato dal ritardo, essendo impegnato a parlare con qualcun altro. "Meglio cosi", pensò Ga, sentendosi un po' meno in colpa, e chiedendosi chi fosse la sconosciuta insieme al paleontologo. Dopo i consueti contatti con le ghiandole nei tentacoli delle seconde appendici sinistre e il rituale scambio di frem, Mes gli presentò finalmente la sua accompagnatrice: "lei è Agla, una mia collega in visita da un altro istituto di ricerca, stiamo lavorando a un progetto comune. Agla è un'esperta dell'estinzione del Cenozoico, e ho pensato che la sua esperienza potesse esserti di aiuto".

Il locale, uno dei migliori, con tanto di azienda privata di allevamento degli oomiceti, era pieno, ma Ga aveva prenotato un tavolo in una saletta riservata dove il brusio elettrochimico non avrebbe coperto la conversazione. La prima parte della cena si svolse allegramente, Agla si informava educatamente delle ricerche di Ga e Mes, un po' sotto l'effetto del frem, raccontava ridendo di quando lui e Ga si erano trovati faccia a faccia con uno stormo di Youmi senza sapere cosa fare, un'esperienza che per Ga, all'epoca, era stata terrorizzante, ma ora non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Quando l'ottimo cibo e il frem ebbero fatto il loro effetto, Ga si risolse a sollevare la questione che gli stava a cuore: le estinzioni di massa.

"Il problema delle precedenti estinzioni di massa", disse Mes, "è che ne sappiamo veramente poco, ed è quindi difficile utilizzarle per trarre conclusioni su quella attualmente in corso. Quel che possiamo dire per certo è che sono eventi traumatici: il grosso delle specie, sulla Terra, si estingue naturalmente senza bisogno di estinzioni di massa. Certo, pensare che oltre il 99% delle specie vissute oggi sia estinto a me fa girare la testa più del frem, più che pensare alla manciata di specie che hanno avuto la sfortuna di vivere durante i grandi eventi catastrofici.  Chissà cosa ci siamo persi, la serie dei fossili non sarà mai completa!

"Già, anche perché noi cominciamo a contarle da dopo l'esplosione del Cambriano", aggiunse Ga, "ma delle precedenti sappiamo veramente poco. Per esempio, il cosiddetto "grande evento di ossigenazione", 2500 milioni di anni fa, quando è cominciata la fotosintesi pompando ossigeno nell'atmosfera, ha cambiato un sacco di cose, e certamente causato l'estinzione di tantissimi organismi. Anche l'esplosione del Cambriano, del resto, è tale perché è la conseguenza di un evento di estinzione che ha consentito la speciazione dei superstiti. Il problema principale è che all'inizio della vita sul pianeta l'evoluzione "sperimentava", i piani corporei erano molto diversi, c'erano arti biramati che non ci sono più, simmetrie insolite che non ci sono più, e cosi via. Ogni estinzione dà un colpo a questa diversità di strutture. Aumentano le specie, certo, ma diminuisce la complessità del sistema. Pensa alle attuali quattro classi di vertebrati. 185 milioni di anni fa ci siamo persi i dinosauri. 120 milioni di anni fa, con l'estinzione del Cenozoico, ci siamo persi gli anfibi. La risultante è che tutto il gruppo ha perso diversità strutturale".

"Tu menzioni delle date, Ga", interloquì Mes dopo una pausa di riflessione per mandare giù un altro sorso di frem, "ma quello è l'altro grande problema. Considerando che tutto quello che noi troviamo sono degli strati più o meno spessi con fossili più o meno caratteristici, diventa difficile dire quando si tratta di un lento declino e quando si tratta di un eventi improvvisi. Alcune  di queste estinzioni di massa sembrano improvvise, altre impiegano in realtà centinaia di migliaia, se non milioni, di anni, ma tutto viene schiacciato dalla scala dei tempi. La nostra civiltà ha 50.000 anni, un tempo appena sufficiente per lasciare una traccia di sè tra 100 milioni di anni. Capire eventi puntiformi, come la caduta di un meteorite, o uno sconvolgimento climatico improvviso, come l'ultimo, quando 60.000 anni fa è cambiata l'inclinazione dell'asse terrestre, è veramente complesso. Potremmo perderci intere civiltà, schiacciate sotto gli strati di roccia".

"Dubito che sarebbero state civiltà intelligenti però, se sono durate così poco", rispose dubbioso Ga. "Però capisco quello che vuoi dire. L'estinzione tra Ordoviciano e Siluriano, 560 milioni di anni fa, sembra sia durata almeno 4 milioni di anni, a cavallo tra le due ere. Un periodo di tempo molto lungo, 4 milioni di anni. Ok, si estinse l'85% della fauna marina, per un totale di circa 100 famiglie, soprattutto tra brachiopodi e briozoi, senza contare quelli che non ci sono più oggi, come conodonti, trilobiti e graptoliti. Ma se non si sono adattati in 4 milioni di anni ai cambiamenti, per quanto massicci, vuol dire che questo pianeta non era più un posto adatto a loro. Non menzioniamo la cosiddetta estinzione del Devoniano, che in realtà è stato un lungo declino durato 50 milioni di anni, e non un evento puntiforme, per cui non la conto neanche tra le grandi estinzioni, altrimenti saremmo a quota sette. Se ti cade un meteorite in testa, d'altronde, il tempo per adattarti non ce l'hai, e addio dinosauri. Ma oggettivamente questo dei tempi è un bel problema".

Agla, rimasta silente ad ascoltare la conversazione con le grandi pupille rettangolari che le brillavano, decise a questo punto di prendere la parola. Tutto sommato, uno scambio di opinioni con altri due esperti avrebbe potuto giovare anche a lei. "Se alcune volte la scala dei tempi è così lunga da farci chiedere se si tratti effettivamente di una estinzione di massa, a volte è così breve da non permetterci di capire cosa sia successo, per mancanza di fossili. Prendiamo per esempio la grande estinzione del Cenozoico, quella di cui mi occupo. Ipotizziamo un range temporale di estinzione di poche decine di migliaia di anni, circa 120 milioni di anni fa. Dopo l'estinzione dei dinosauri, altri vertebrati avevano approfittato dello spazio lasciato libero, producendo moltissime specie di uccelli e rettili, un po' di mammiferi e qualche anfibio. I mammiferi in particolare erano riusciti a diventare di dimensioni enormi, per quello oggi i nostri piccoli giocano alla gara "T. Rex contro Mastodonte", loro sono sempre molto colpiti dalle dimensioni gigantesche. Il problema, è che non riusciamo a capire cosa sia successo ai mastodonti, alle giraffe, ai rinoceronti e a tutti gli altri. Troppe cose non tornano. Sappiamo che non si è trattato di eruzioni vulcaniche, perché non abbiamo trovato nessuno strato di cenere caratteristico. D'altro canto, abbiamo trovato un universale aumento degli isotopi radioattivi e della CO2, compatibili con delle eruzioni vulcaniche. Un meteorite potrebbe aver portato gli isotopi, e la conseguente morte delle piante potrebbe avere innalzato il livello di CO2, ma non abbiamo trovato nessun cratere compatibile. Inoltre il grande mistero è cosa abbia spostato le specie. Abbiamo per esempio una serie di record fossili di roditori caviomorfi in Sud America, verso la fine del periodo. Poi scompaiono tutti insieme al limite C/S tra Cenozoico e Superneozoico e ricompaiono dall'altro lato dell'Oceano in Eurasia, dove hanno speciato moltissimo. Nel primissimo Superneozoico, subito dopo l'estinzione, le nutrie sono quasi gli unici mammiferi fossili che troviamo, e che hanno speciato nella grande varietà di forme che conosciamo. D'altro canto prima dell'estinzione i camelidi vivevano in Africa ed Asia, ma subito dopo li ritroviamo in Australia, che all'epoca era del tutto isolata dagli altri continenti. Non abbiamo idea di come animali che all'epoca erano grandi siano potuti arrivare in Australia, forse a nuoto, o su zattere di vegetazione galleggiante, e del resto la loro predisposizione all'acqua è testimoniata dai potamelidi, che sono loro discendenti diretti, e da tutte le altre specie acquatiche imparentate dell'Infraneozoico. La sola specie di marsupiale sopravissuta all'estinzione di massa, il wallaby scozzese, che poi ha dato origine ai predatori eurasiatici giganti del Paraneozoico, deriva da una specie Australiana, del resto. Alcuni miei colleghi ipotizzano che a causare l'estinzione furono immensi tornado, tali da spostare la fauna e distruggere la vegetazione, ma secondo me non è compatibile con lo straterello radioattivo diffuso".

"Molto affascinante" disse Ga, nella cui mente cominciavano ad accalcarsi domande. "Ma sono certo che lei ha una ipotesi alternativa, e io sarei davvero curioso di conoscerla, a questo punto".

Agla rimase per circa un minuto in silenzio prima di rispondere, continuando a sorseggiare il suo frem. Dal suo sguardo, assorto nel vuoto, si intuiva che la sua mente era a migliaia di chilometri di distanza. Si era fatto tardi, molti avventori erano andati via e il brusio elettrochimico era diminuito, sostituito da una elegante melodia composta dai battiti decapodi ritmici del quartetto sul podio nell'angolo. I camerieri andavano e venivano a ritmo della melodia, prendendo le ultime ordinazioni. Mes ordinò ife dolci e frem tropicale per tutti. Come se avesse preso una subitanea decisione, Agla si alzò dalla tavola senza ulteriori commenti, allontanandosi e ritornando dopo un paio di minuti con la sacca che aveva con sé quando si erano incontrati, e che chiaramente aveva lasciato all'ingresso del locale, come consuetudine imponeva. "Vorrei mostrarvi qualcosa", disse con tono cospiratorio, quasi mormorando. "Si tratta di qualcosa che abbiamo trovato nel nostro ultimo scavo e che ancora non riusciamo a spiegarci. Chiaramente, vi devo pregare di tenere tutto questo riservatissimo. La zona dello scavo è in Eurafricasia nord-occidentale. Come sapete c'era un mare li un tempo, che poi si è chiuso, un mare che era stato a contatto con l'antica Panthalassa che lambiva la Pangea, il Mediterraneo. Lo scavo è lungo quella che riteniamo fosse una zona costiera ai tempi del limite C/S".

Guardandosi intorno per controllare che nessuno si affacciasse alla saletta loro riservata, Agla aprì la sacca e ne estrasse un rettangolo roccioso. Era una roccia sedimentaria, certamente compatibile con una zona costiera, bruna e levigata ai quattro lati esterni per facilitarne il trasporto. Con un movimento esperto, Agla tolse lo strato superiore come se fosse un coperchio, rivelando i fossili che giacevano all'interno: delle depressioni cilindriche perfettamente circolari, di circa 2-3 cm di diametro, tutte uguali, profonde circa un cm. Il lato del cilindro presentava delle scanalature pressochè perfette. Vi erano sette di queste depressioni, disposte in modo irregolare. "Bivalve?", chiese Mes, che non era mai stato ferratissimo nel classificare gasteropodi, men che meno sotto l'azione del frem.

"Nulla che conosciamo", rispose Agla. Nessun organismo marino dell'epoca, tra quelli noti, ha un aspetto simile. Ne abbiamo trovati altri poco lontano. Uno sembrava montato su un cilindro, anch'esso di geometria perfetta, lungo una trentina di cm, e questa cosa cilindrica sembrava quasi fare da tappo. "Un opercolo, quindi?" Azzardò Mes. Le pupille rettangolari di Agla, spostandosi sui tubercoli, gli lanciarono un'occhiata sdegnata. "Il problema è che queste strutture hanno tutte le stesse, identiche dimensioni. Nessuno è più piccolo, nessuno è più grande. Sembrano artificiali, anche se non abbiamo idea di che materiale potessero essere. L'oggetto cilindrico chiuso da questi "opercoli" era cavo, e sembrava un contenitore".

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Ga era senza rimasto senza parole, ma si fece forza e chiese: "Oggetti artificiali al limite C/S? Impossibile! Come sarebbero stati prodotti, e soprattutto, da chi? Noi siamo la prima civiltà in grado di produrre manufatti mai esistita sulla terra, e certo le nostre origini sono molto più recenti. Anzi, se la vita non fosse quasi interamente scomparsa dai corsi di acqua dolce durante l'estinzione del Cenozoico noi non ci saremmo evoluti, e non saremmo riusciti a colonizzare la terraferma senza l'estinzione di tante altre specie 60 milioni di anni fa, quando ci fu l'ultimo evento di massa. Troppe coincidenze hanno portato alla nostra peculiare evoluzione. C'è sicuramente un'altra spiegazione più plausibile".

"Eppure, riflettiamoci un attimo", disse Agla. "Per tutta la cena ci siamo rammaricati di come la successione dei fossili sia incompleta, e di come se gli eventi sono puntiformi noi non riusciamo a valutarli bene, schiacciati come sono dalla scala dei tempi. Ipotizziamo solo per un momento una specie che non abbiamo ancora rinvenuto, ma diciamo che sia durata poco, mezzo milione di anni, chiaramente affondando le sue radici in specie precedenti. Ipotizziamo che questa specie un giorno, per caso, faccia una scoperta importante, che so, come maneggiare il fuoco, o come comunicare con conspecifici, o come allevare gli oomiceti. Una scoperta che le apre la strada ad altre scoperte in modo sempre più vorticoso, non gradatamente come nel nostro caso, ma tutto e subito, in tempi geologici".

"Ebbene, questa civiltà durerebbe poco", disse Mes, un pò biascicando per il frem tropicale, di cui era al terzo giro. "Si autodistruggerebbe quasi subito, non è facile controllare la tecnologia. "Esattamente!", Esclamò Agla. "E per di più non ne troveremmo mai traccia se durasse, che so, 10.000 anni. Ma se in quei dieci millenni avessero imparato ad alterare e modificare l'ambiente, senza capire le conseguenze delle loro azioni, sarebbe plausibile pensare che potrebbero aver causato un disastro ecologico, e che siano stati loro a spostare le specie, e spargere isotopi radioattivi in giro".

"Una ipotesi del genere richiederebbe prove maggiori di sette piccoli fossili, tuttavia", disse Ga. "Occorrerebbe individuare uno strato perfetto, tipo quello di Burgess, in cui rinvenire questi, diciamo così, 'manufatti', e se si tratta di una civiltà cosi intelligente da alterare l'ecosistema, avrebbe dovuto essere in grado di produrne diversi, di manufatti". "Un nostro collega ha trovato delle selci che sembrano intenzionalmente scheggiate", disse Agla adombrandosi. "E risalgono allo stesso periodo". Mes scoppiò a ridere, sicuramente non troppo in sè dal troppo bere. "Quindi questa specie intelligente modifica gli ecosistemi scheggiando pietre? Non un granché come intelligenza. E poi che ne fa? Le usa per farci ponti dall'Australia alla Scozia?"

Agla sembrava palesemente contrariata, e anche un po' dispiaciuta, da questa battuta inopportuna. La serata si era chiaramente raffreddata, e volgeva rapidamente al termine. "Adesso vi devo lasciare, si è fatto tardi e domani ho molto lavoro da fare", disse la paleontologa, scambiando frettolosamente secreti ghiandolari con Ga e Mes.

I due amici la osservarono zampettare via con passo deciso, e si avviarono lentamente verso casa anche loro. "E' una brava ragazza, ma non farà mai carriera se tira fuori idee così strampalate", disse Mes al suo vecchio compagno di spedizioni. "Del resto è giovane ed è ancora nella fase riproduttiva femminile, dopo la transizione speriamo diventi un p0' più saggio. Una idea del genere è completamente folle, le civiltà intelligenti non sorgono così dal nulla, per poi autodistruggersi portandosi dietro il resto del pianeta. Allora, perché non ipotizzare anche dei dinosauri superintelligenti, che non abbiamo trovato, che si sono estinti perché si lanciavano meteoriti con la fionda?".

"Già, perché? Ma soprattutto, cosa impedirebbe alla vita che verrà dopo di noi di pensare la stessa cosa?" Riflettè mestamente Ga, rimpiangendo di non aver passato la serata a casa con i suoi tetraboli.